La premessa da cui scaturiscono le osservazioni riportate nel presente articolo si colloca in alcune criticità insite nel modo di produzione capitalista e generate dalla “cultura della crescita”. Tale cultura ha comportato l’insorgere di megalopoli urbane e periferie che costituiscono “insiemi non resilienti” difficilmente “sostenibili”, in cui si accentuano le disuguaglianze sociali e diventa impossibile affrontare le sfide ambientali più recenti. Nell’intervista dal titolo “Uscire dalla società della crescita vuol dire uscire dalle dinamiche di uguaglianza”[1], rilasciata a Josè Bellver nel 2009, Serge Latouche mette in discussione la società capitalistica della crescita, fondata sulle logiche dell’accumulazione, e sostiene la tesi per cui bisognerebbe trasformare la nostra società in “società della decrescita” basandosi sul circolo virtuoso delle “8R”: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare e rilocalizzare. Latouche sostiene che «il problema della “rilocalizzazione” pone ulteriori questioni relative a cosa rilocalizzare (le attività economiche, la vita o la politica?) ed a cosa si intende ormai per “locale” (la regione, la provincia, la città oppure il quartiere…?)» (Latouche, Falchi, 2018).
La questione della “rilocalizzazione” è oggi quanto mai attuale in diverse regioni del mondo dal momento che lo spazio cambia con il mutare e l’evolversi del tempo. Di pari passo con gli sviluppi attuali del capitalismo e con l’intensificarsi di diversi flussi migratori globali, anche le geografie locali di molte regioni italiane si sono radicalmente trasformate. Questo fenomeno ci impone una riflessione finalizzata a prevedere i possibili scenari futuri nello spazio euromediterraneo e le sfide che ne conseguono.
“Leftover spaces”: riqualificazione e degrado tra vecchi e nuovi “etnopaesaggi”.
Con lo sviluppo dei processi di globalizzazione, il “confine” e la “frontiera” assumono un ruolo costitutivo negli studi dello spazio pubblico e delle geografie locali. Il mondo contemporaneo è caratterizzato da una proliferazione di frontiere e confini, fenomeno che influenza fortemente le configurazioni di identità, genere, cultura e razza. I territori di “frontiera” diventano un campo di studi molto interessante visto che i molteplici tipi di soggettività e mondi sociali prodotti su un determinato territorio, o sui confini e la frontiera dello stesso, impongono una rinegoziazione delle relazioni sociali e una ridefinizione della convivenza (Mezzadra, 2014). Stando alle considerazioni di Mezzadra, «solo valorizzando la capacità da parte dei confini di costruire il mondo è possibile comprendere il ruolo che essi giocano nei processi di accumulazione, “territorializzazione” dell’identità, produzione e sfruttamento che si sviluppano sugli spazi di confine e frontiera durante la fase di mappatura del mondo moderno» (Mezzadra, 2014).