Fondato nel 1968, il Club di Roma prese il nome della città in cui si riunì per la prima volta e divenne famoso per il successivo rapporto del 1972 sui limiti dello sviluppo (The Limits to Growth). Grazie ad un modello matematico, il rapporto conteneva una predizione del trend mondiale futuro per popolazione, produzione, cibo, inquinamento e risorse naturali, concludendo che la crescita infinita in un pianeta dalle risorse finite non è possibile. Di più, il collasso della civiltà moderna era previsto nel XXI secolo. La teoria fu rigettata dalla comunità scientifica internazionale, soprattutto quella economica, sostenendo che il modello World3 – quello usato dal Club di Roma – sottostimava l’effetto dello sviluppo tecnologico come volano della crescita economica. Fu da lì che, circa 30 anni fa, la spaccatura tra tecnici e economisti si consumò fino in fondo (Zuliani, 2011). L’aspetto più disarmante, però, è che nella guerra tra bande per sostenere questa o quella tesi, quelli che hanno esaminato il modello World3 per capire come esso giunge alle sue conclusioni sono davvero pochi.
Il modello World3 è un modello matematico scritto in un linguaggio chiamato DYNAMO. Il codice sorgente DYNAMO è stato pubblicato su Dynamics of Growth in a Finite World (1974) assieme all’analisi del sistema di equazioni differenziali accoppiate che costituiscono il modello World3. Chi avesse studiato modelli matematici non mancherà di notare la provenienza di DYNAMO dall’epoca FORTRAN, quando i programmi giravano su schede perforate e le variabili avevano improbabili nomi come “FIALD” (Fraction of Inputs Allocated to Land Development). Certamente, il tentativo del Club di Roma di descrivere e modellare le macro-dinamiche che governano la crescita economica della società produttivista dell’epoca nella finitezza della cornice planetaria è economiabile. Il World3 rappresenta forse il primo approccio di Life-Cycle Assessment (LCA) in materia di crescita economica e risorse naturali, ancora oggi molto lacunoso nell’economia standard (Zuliani, 2014). Purtroppo, i risultati di qualsiasi modello dipendono dalle sue assunzioni di base.
I punti-leva di un sistema sono quei punti che definiscono il sistema stesso e sui quali cui minime sollecitazioni danno origine a cambiamenti enormi. Ogni sistema ne possiede. Nessun sistema sfugge a questa regola, nemmeno il sistema-mondo modellato nel World3. I punti-leva del World3 sono essenzialmente tre:
- La crescita economica è correlata all’attività industriale con una curva crescente e l’attività industriale al consumo di materie prime. In pratica, per fare più soldi si deve scavare di più.
- La crescita economica è correlata alla fertilità tramite una curva bizzarra che dice essenzialmente questo: i poveri tendono a fare molti figli (faccio molti figli perché pochi sopravvivranno), l’aumento della ricchezza porta il tasso di fertilità a stabilizzarsi attorno ai due figli per coppia (faccio i figli che mi posso permettere) salvo crescere ancora all’aumentare della ricchezza oltre un certo limite (faccio più figli perché sono ricco e mi posso permettere di averne tanti).
- La produzione industriale è direttamente correlata all’inquinamento e, indi, al tasso di mortalità. Altrimenti detto, producendo oltremisura si finisce a morire di inquinamento.
Da questi tre capisaldi derivano essenzialmente le risposte del sistema-mondo simulato dal World3. Purtroppo non sono esenti da critiche. Il World3 assume una relazione diretta tra crescita economica e consumo di risorse naturali sul modello del consumo di acciaio, rame e altri negli USA. Il modello del Club di Roma assume gli USA quale esempio di economia ricca le cui azioni verranno pedissequamente ripetute da chi diventasse altrettanto ricco. Questo è un assunto ricorrente del World3, lo vedremo nel seguito, ma ideologico, perché assume che si possa crescere economicamente solo sposando il modello americano degli anni ‘70, scelte etiche e sprechi inclusi. Continuando la serie storica della relazione tra consumo e crescita economica, tuttavia, l’esempio dell’acciaio in USA mostra i suoi limiti. Studi recenti identificano una relazione a U rovesciata tra consumo di acciaio e crescita economica (Nae Hee Han, 2012). In pratica, al crescere del PIL pro-capite, il trend crescente assunto dal Club di Roma non vale più e si inverte, diventando decrescente (cioè serve sempre meno acciaio per far crescere l’economia – le infrastrutture si costruiscono una volta sola).
Punto secondo, la fertilità. Il World3 prevede che all’aumentare della ricchezza la fertilità prima diminuisca fino a stabilizzarsi sui due figli per coppia, poi, al crescere della ricchezza, aumenti di nuovo. L’assunto del secondo aumento si basa su una ricerca condotta in America (ancora) sulle intenzioni di avere quattro o più figli a seconda del reddito. Americanocentrismo a parte, i dati demografici al tempo dello rapporto del Club di Roma non mostrano indicazioni di tale aumento nè se ne vedono 40 anni di crescita economica dopo. Nel World3, alla crescita economica segue inesorabile la crescita della popolazione, che fa crescere il prodotto industriale, il consumo di risorse naturali e l’inquinamento fino al collasso. In pratica, il mondo simulato dal World3 è programmato per esplodere demograficamente, a meno di non porre freni esterni come il controllo delle nascite, su cui gli autori all’epoca insistettero moltissimo.
Punto terzo, l’economia. Misurare il prodotto industriale in dollari equivalenti vuol dire ignorare le teorie economiche base del valore d’uso e valore di scambio, le questioni monetarie (svalutazione, inflazione, eccetera) e di mercato (domanda e offerta). Come lo studio stesso ammette, la parte economica nell’accesso a risorse naturali non è inclusa e si ammette che tutti abbiano accesso a tutto, data l’assenza di una relazione di domanda-offerta che regola l’accessibilita’ alle risorse naturali. Di più, si ammette che un mondo che muore di inquinamento da iperconsumo continui a produrre e comperare auto a testa bassa per alimentare la crescita economica. Se fisicamente è possibile, economicamente non sta in piedi, perchè vorrebbe dire continuare a sognare una Ferrari in un mondo iperinquinato invece di una salute a posto. In pratica, il mondo simulato dal World3 continua a produrre anche quando non è più conveniente farlo, un mostro che divora se stesso – lo stesso messaggio venne espresso sempre negli anni ’70 dall’iconografia degli zombie di Romero, che fu una critica sociale al capitalismo produttivista americano (il consumatore che consuma se stesso) simile a quella del Club di Roma, come molti altri vettori sociali dello stesso periodo che partorirono messaggi similari.
Punto quarto, più accademico, l’affidabilità delle serie storiche. Se l’America ha una tradizione rodata di serie storiche mantenute con precisione maniacale, lo stesso non si può certo dire per il resto del mondo. Su consumo e entità delle risorse naturali, ad esempio, serie storiche affidabili per l’Unione Europea esistono solo per gli ultimi 20 anni, decisamente troppo pochi per tirare le somme. Questo per non parlare dei paesi emergenti o di quelli a democrazia limitata. Davvero qualcuno crede alle statistiche degli enti governativi venezuelani o argentini? L’assunto per cui l’America fungerebbe da esempio e le sue serie storiche sarebbero applicabili al mondo intero è puramente ideologico ed è lo stesso presupposto (fallace) alla base delle erronee previsioni di Malthus di catastrofi demografiche imminenti (Zuliani, 2014b).
Sull’esempio di Malthus, gli studi neo-malthusiani hanno la tendenza comune a predire catastrofi imminenti, limitandosi a estrapolazioni all’infinito dell’andamento della domanda in periodi storici definiti. Particolarmente inclini a ipotesi molto conservative sul progresso tecnologico, solitamente contabilizzato con un bruto aumento dell’efficienza dei processi produttivi ma mancando l’effetto di game-changer – basti pensare ai cambiamenti portati nel mondo dall’invenzione della stampa – e altrettanto inclini a ipotesi erronee sulle dinamiche di sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto per ignoranza in materia economica, molti neo-malthusiani videro nell’aumento dei prezzi del petrolio del 1980 la prova che le risorse petrolifere stavano inesorabilmente scarseggiando. Anche l’aumento dei prezzi alimentari in Cina nel 1993 venne interpretato come prova del raggiungimento del limite della produzione di cibo (Brown, 1995). Lungi dall’essere scientificamente obiettivo, questo atteggiamento probabilmente riflette l’ipocondria di personaggi graniticamente convinti di una catastrofe imminente e spaventati dal futuro, tanto da lanciare allarmi sociali ad ogni starnuto (Mukerjee, 2012).
Cose da dire sul rapporto del Club di Roma ce ne sarebbero molte e molto è stato detto nei 40 anni trascorsi dalla prima edizione del rapporto. Qui ci limiteremo a qualche considerazione generale. Prima di tutto, il modello World3 è una estensione di quello più famoso di Hubbert per il picco del petrolio e predice, sorpresa, il picco del tutto. Hubbert, a sua volta, trasse ispirazione dall’esaurimento delle risorse per l’aumento della popolazione di Malthus. Va da sé che sia Hubbert che il Club di Roma hanno ereditato alcuni limiti delle teorie di Malthus nelle loro trattazioni, americanocentrismo delle assunzioni globali in primis. I limiti dello sviluppo era un rapporto contro l’inquinamento ambientale americano dell’epoca, che vedeva nella cessazione della crescita globale e dello sviluppo economico l’unica soluzione possibile per evitare la catastrofe. Queste conclusioni vennero rifiutate dal Terzo Mondo: meglio risolvere il problema dell’inquinamento e dell’iperconsumo aggredendo il sistema produttivo dei paesi sviluppati – tramite vincoli o stimoli economici – che bloccare la crescita globale condannando i paesi poveri al sottosviluppo eterno.
La mancanza del filtro operato dall’economia su produzione e accesso alle risorse naturali causa l’overshooting del mondo simulato dal World3 per l’ovvio motivo che la crescita materiale infinita in un mondo finito non è perseguibile. Nessuno lo nega, nemmeno gli economisti – le teorie economiche moderne sono di fatto teorie della scarsità – e non serve un modello matematico di centinaia di equazioni differenziali accoppiate per arrivarci. Solitamente la risposta al dilemma della crescita è quella di continuare ad avere una crescita economica con un minore impatto ambientale semplicemente producendo sempre meglio, utilizzando minori risorse naturali e riciclando. Secondo chi scrive invece, intanto che l’economia si mette in pari con le valutazioni economiche del ciclo di vita, bisognerebbe parlare di più e meglio di dematerializzazione dell’economia. A meno di non credere che i 20 miliardi pagati per Whatsapp abbiano lo stesso peso ambientale dei miliardi pagati da Alcoa per la produzione di alluminio primario in Sardegna.
Per approfondire:
- Brown L.R., Who Will Feed China? Wake-Up Call for a Small Planet, WorldWatch Institute, 1995.
- Han N.H., Steel as the Backbone of the Modern Economy, WorldSteel Association, 2012.
- Meadows D.L. et al., Dynamics of Growth in a Finite World, Wright Allen Press, 1974.
- Mukerjee M., L’Apocalisse dietro l’angolo: abbiamo superato i limiti dello sviluppo?, “Le Scienze.it”, 1° giugno 2012.
- Zuliani F., Picchisti di tutto il mondo, “Energia&Motori”, 8 dicembre 2011.
- Zuliani F., Il problema della sovrappopolazione, “Energia&Motori”, 23 gennaio 2014.
- Zuliani F., Il fallimento della decarbonizzazione dell’economia globale, “iMille”, 28 marzo 2014.
[…] http://www.futurimagazine.it/dossier/limiti-dello-sviluppo-rapporto-club-di-roma/ Il rapporto “I limiti dello sviluppo” fu pubblicato all’inizio degli anni ’70 si prevedeva che le materie prime si sarebbero esaurite a ritmo esponenziale, che la popolazione sarebbe cresciuta a ritmi esponenziale così come gli inquinamenti portando il sistema al collasso nel giro di pochi decenni. Per un’ampia revisione vedi: (3)http://www.treccani.it/enciclopedia/aurelio-peccei-e-i-limiti-dello-sviluppo_%28Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica%29/ […]
A distanza di circa 30 anni, all’inizio degli anni 2000, il sistema di analisi e stato esteso, aggiungendo una mole maggiore di dati aggiornati e piu moderni strumenti di calcolo. Sulla base di questi, nel 2004 e stato pubblicato un volume di aggiornamento intitolato Il recente aggiornamento del Rapporto si giova di due concetti affermatisi solo dopo la sua prima edizione: l’esigenza di uno sviluppo sostenibile (affermata per la prima volta nel Rapporto Brundtland del 1987) e la misurazione dell’impatto dell’uomo sulla Terra mediante l’ impronta ecologica (tecnica introdotta da Mathis Wackernagel e altri nel 1996); si apre, in effetti, sottolineando che l’impronta ecologica ha iniziato a superare, intorno al 1980, la capacita di carico della Terra e la supera attualmente del 20%.
[…] gli autori di Earth for All. A survival guide for Humanity, aggiornamento del rapporto sui “Limiti dello sviluppo” del 1972, commissionato dal club di Roma e da un gruppo di ricerca […]
[…] Rio de Janeiro, di fatto costruito sul rapporto del Club di Roma “Limiti dello sviluppo”(1) che rimane il modello per gran parte dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite(2) e del […]