Nel Novecento, gli avanzamenti della ricerca scientifica e la contestuale rapida diffusione delle nuove tecnologie, elettroniche, informatiche e digitali hanno completamente ridefinito gli aspetti sociologici, comportamentali, economici e culturali dell’umanità (Rambelli, 1985; Lévy, 1998, Manovich, 2001). L’idea che potessero esistere oggetti inorganici, capaci di captare ed emettere segnali, poteva risultare fantascientifica negli anni Cinquanta – si pensi ai robot e in generale alla produzione letteraria di Isaac Asimov – ma non in tempi più recenti, quando le tecnologie hanno iniziato a conferire un’anima agli oggetti, superando il solo concetto di funzione, e rendendo l’oggetto stesso mediatore di prestazioni (Riccini, 2016) tra le persone e il proprio tempo lavorativo o libero (Caronia, 1986).
Questa capacità comunicativa degli oggetti, che per Vint Cerf, tra i padri fondatori di Internet, rappresentava l’obiettivo principale da raggiungere attraverso l’informatica e la rete, fu il risultato cui si pervenne attraverso l’invenzione dei protocolli TCP/IP, che permettevano a qualsiasi computer di connettersi alla rete o ad altri dispositivi. Eppure, questa capacità che conferiva un enorme potenziale alle tecnologie di allora, si scontrava con la dimensione delle macchine impiegate all’epoca e con la complessità di interazione, che rendeva questi sistemi accessibili ed utilizzabili solo per pochi eletti (Greengard, 2015).
È stato solo in seguito, grazie alla collaborazione tra informatica, telecomunicazioni, media ed elettronica, che si è assistito alla svolta digitale, in cui “strumenti integrati e interattivi, flessibili e dinamici” (Sciotto et al., 2003) hanno determinato un’accelerazione dei processi comunicativi e una maggiore movimentazione di dati e informazioni, scambiati attraverso la rete e i dispositivi, in un processo che non interessa solo la natura hardware o software degli oggetti, ma anche il ruolo dell’utente, da consumatore passivo a soggetto attivo, che vive in prima persona in una quotidianità aumentata, da e attraverso il digitale.
In questo Rinascimento Digitale (Giannini e Bowen, 2020), lo spazio digitale e gli esseri umani si fondono definendo una nuova era, in cui intelligenza umana e artificiale lavorano insieme per l’avanzamento scientifico e tecnologico, ma anche per l’arte, sostituendo ai vecchi approcci, nuovi modi di pensare, ecosistemici e globali.
Nascono anche nuovi campi della ricerca, come le Digital Humanities (Burdik et al., 2012), che intersecano saperi umanistici, tecnici e informatici, e il cui scopo consiste nel valorizzare il patrimonio culturale, digitalizzato o born-digital, su Internet, maturo per nuove interpretazioni contemporanee, o tutto il filone dell’Advanced Manufacturing, che apre a nuove prospettive progettuali che scaturiscono dalla cultura e dagli strumenti digitali.
Arricchiscono lo scenario delineato gli strumenti computazionali, che hanno introdotto nuove tecniche per la definizione delle geometrie, rivoluzionando ulteriormente il processo progettuale. Queste tecniche, spesso descritte attraverso i termini generative design, parametric design, o ancora algorithmic design, permettono di creare un processo che, piuttosto che basarsi sulla relazione tra forma e rappresentazione, si basa sulla generazione computazionale della geometria (Agkathidis, 2015), avvalendosi di un processo informatico, costituito da calcoli, funzioni o stringhe. In questo caso il focus del processo progettuale si sposta dalla realizzazione della forma – form making – alla ricerca della forma – form finding – (Kolarevic, 2003), e si inserisce nella filiera digitale (Proverbio, 2016), in quanto non solo determina la possibilità di customizzare un oggetto solo attraverso la modifica di parametri o valori numerici – custom design -, ma anche di renderlo facilmente reiterabile – open design.
Un ulteriore tema rilevante, è quello dell’Internet delle Cose (IoT), che aumenta ulteriormente le capacità funzionali ma anche espressive degli oggetti, che sentono il mondo circostante, le persone, gli altri oggetti, ne monitorano e misurano il movimento perpetuo, e trasformano chiunque in una sorgente di dati (Greengard, 2015).
Rispetto ai temi descritti, dunque, obiettivo del contributo consiste nell’indagare come si configura il metodo progettuale, alla luce dei nuovi approcci, tecniche e strumenti, che contribuiscono ad assottigliare la linea di confine tra reale e digitale.
La dinamica dell’immediatezza nel progetto digitale
Tra le condizioni endemiche che caratterizzano la contemporaneità, la diffusione del digitale è quella che ha più fortemente modificato tanto le azioni quotidiane quanto quelle lavorative e della filiera produttiva, attraverso dispositivi e strumenti che accompagnano le persone nella vita di tutti i giorni.
Si sviluppano in questo scenario oggetti dotati di prestazioni intelligenti, dovute alla loro programmabilità, tecnologica e materiale, che supera i limiti della sola prestazione meccanica (Proverbio, ibidem). Questi oggetti prendono il nome di dispositivi, per la loro capacità di “catturare, orientare, determinare, intercettare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi” (Agamben, 2006), il cui funzionamento dipende da una rete di relazioni tra elementi di diversa natura che fanno fronte ad una determinata necessità (Agamben, 2006; Costa, 2016).
Tra dispositivo e utente, si colloca l’interfaccia, intesa come quella elaborazione che interseca la configurazione e la prestazione (Anceschi, 2009) di un oggetto hardware o software, permettendone da un lato il corretto utilizzo, e dall’altro lo scambio comunicativo tra dispositivo e individui, così come con la rete o con altri oggetti.
In una vastità di dispositivi connessi tra loro, che sentono e comunicano, emerge la necessità di ripensare metodi e approcci progettuali a diversi livelli e per diversi domini culturali, a partire dall’idea che “tutto risulta essere potenzialmente connesso e interattivo” (Zannoni, 2018).
La dinamica dell’immediatezza, è un aspetto che caratterizza il fare progettuale contemporaneo. In merito, le tecnologie dell’Advanced Manufacturing, hanno contribuito a velocizzare notevolmente il processo che va dall’ideazione alla creazione e produzione di un oggetto, grazie all’impiego delle tecniche della digital fabrication, che si avvale della modellazione digitale e della stampa 3D per la realizzazione di geometrie anche molto complesse e scultoree, facilmente personalizzabili in base alla richieste e alle misure del corpo di ogni individuo, tramite l’utilizzo delle tecniche di rilievo digitale come lo scanner 3D (Zolfagharifard, 2013; Pontillo e Angari, 2020), traghettando il concetto di fatto-su-misura in una nuova era, ridefinendo quella che era la filiera tradizionale.
A conferire ulteriore rilievo a questo scenario, la diffusione delle tecnologie IoT che, come affermato in precedenza, evolvono il concetto stesso di oggetto, definendo un nuovo panorama oggettuale, ecosistemico e digitale, in cui praticamente chiunque o qualsiasi luogo o oggetto può essere monitorato, e i suoi dati essere registrati ed analizzati (Greengard, 2015). Ferme restando le implicazioni legate all’ambito della tutela della privacy, è indubbia la potenzialità di questi oggetti, e più in particolare dei wearables (Norman, 2013), intesi come quei dispositivi che devono essere indossati e non portati (Mann, 1997).
Il dispositivo indossabile, che deve potersi adattare al corpo senza necessitare di ulteriori ausili che lo sostengano (Zannoni, 2018), può anch’esso essere considerato il frutto dell’avanzamento tecnologico e della miniaturizzazione di componenti elettroniche, come è avvenuto nel caso degli smart-watch o degli smart-ring che permettono la misurazione istantanea di parametri vitali, come l’attività cardiaca o la temperatura corporea, mentre in precedenza era necessario avvalersi di specifici strumenti o attrezzature, e dunque attraverso la riduzione delle dimensioni e del peso dell’oggetto, è stato possibile passare da un dispositivo portabile o mobile, ad un wearable device.
Sebbene negli ultimi anni, complice una rinnovata attenzione verso il benessere e la salute individuale scaturita anche dall’incedere dell’emergenza pandemica, si sia potuto assistere ad una maggiore diffusione di questi dispositivi sul mercato, resta ancora la necessità di studiarne la reale indossabilità (Ledger e McCaffrey, 2014; Windasari e Lin, 2021), superando l’accezione di fenomeno passeggero, nonché le criticità dovute al crescente tasso di abbandono nei primi mesi di uso del device (Arthur, 2014; Ledger e McCaffrey, 2014) un dato che è possibile interpretare come una reale non necessità del dispositivo da parte degli utenti.
In questa prospettiva, il design ha il ruolo chiave di affondare la propria ricerca non – unicamente – sui trend di mercato, bensì sulle effettive esigenze rilevate dal contesto di riferimento, nonché sui bisogni degli utenti, rispondendo a richieste specifiche attraverso il progetto.
Parallelamente l’approccio parametrico, delineato nel paragrafo introduttivo, offre la possibilità di gestire e customizzare la geometria attraverso un processo che si modifica in base a valori o parametri, passando dal codice informatico all’artefatto generato in maniera algoritmica, che dapprima può essere sottoposto a verifiche o test di usabilità attraverso simulazioni digitali, ed infine essere prodotto attraverso le tecnologie additive, che se da un lato semplificano ed accorciano la filiera progettuale e produttiva, dall’altro rendono anche più rapido e sostenibile il processo, ad esempio attraverso l’impiego di materiali sostenibili e riciclabili (Vanderploeg, Lee e Mamp, 2016).
A ciò si affianca la possibilità di dotare gli oggetti generati tramite codici informatici, di tecnologie a loro volta programmabili che permettono di monitorare e registrare dati sull’utilizzatore, ma anche sull’ambiente circostante, creando contenuti autoprodotti che possono anticipare le azioni dell’utente, evidenziandone ad esempio necessità fisiche, prima ancora che la persona possa avvertirle, attraverso visualizzazioni o interfacce, e dunque si consolida la teoria che, attraverso il digitale, sia possibile conferire una nuova dimensione anche alla realtà fisica degli oggetti e delle persone.
Digital Custom Design: un approccio ibrido tra design e nuove tecnologie
La consapevolezza che il progetto degli artefatti si identifichi oggi con il digitale, sia dal punto di vista ideativo e realizzativo, che fruitivo, apre ad uno scenario incerto, principalmente per quanto riguarda quegli aspetti limitativi, eccessivamente legati ai trend e alle mode, e che tendono ad identificare, tanto gli strumenti quanto i prodotti nati dal digitale, come fenomeni passeggeri.
Per contrastare queste accezioni, è necessario avvalersi del digitale, dominando i processi, anche attraverso l’intersezione tra discipline trasversali, sia del dominio del design, che di altri ambiti come l’informatica, l’elettronica, la matematica, ma anche delle scienze biologiche e fisiche, così come della medicina (Langella, 2019; Pontillo, 2020; Angari, 2020), definendo una metodologia ibrida e aperta a modifiche e mutamenti, ma anche all’interazione delle persone con il sistema progettuale e con i suoi avanzamenti ed output, reali e virtuali.
In questa prospettiva, è stato delineato l’approccio Digital Custom Design, il cui scopo consiste nel definire un processo aumentato dal digitale, inteso come mezzo progettuale, produttivo e fruitivo, utile per la realizzazione di dispositivi customizzati ed indossabili.
L’approccio – nato dall’intersezione tra le attività di ricerca degli autori condotte in ambito accademico – è costituito da quattro fasi, interoperabili tra loro e non necessariamente sequenziali.
Digital human & Metaverse: in questa fase vengono impiegate tecniche di rilievo digitale – come la scansione 3D – smaterializzando non tanto gli oggetti quanto il corpo umano, trasportandolo in ambiente digitale. Questa operazione, che permette di acquisire le geometrie del corpo, è utile per la realizzazione di forme che si plasmano e si modulano sulla base del corpo stesso e dei dati antropometrici, e dunque è particolarmente idonea per la realizzazione di dispositivi indossabili. Un’ulteriore potenzialità relativa alla digitalizzazione del corpo consiste nella possibilità di creare avatar virtuali, che possono essere impiegati per la realizzazione di animazioni e simulazioni attraverso cui svolgere – anche in itinere – verifiche e test di usabilità. Tali simulazioni possono essere svolte grazie agli spazi digitali della Extended (Cross) Reality (XR), un termine ombrello all’interno del quale rientrano quelle tecniche e tecnologie attraverso cui vengono creati ambienti immersivi, come la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR) e la realtà mista (MR) (Milgram et al., 1994). A questo tipo di ambiente, si aggiunge anche il metaverso, un tema emergente dell’attualità, in quanto si configura come uno spazio immersivo e interconnesso che annulla le distanze fisiche abilitando la comunicazione continua tra gli utenti ed interazioni dinamiche con lo spazio e gli artefatti digitali (Mystakidis, 2022).
Digital design & Prototyping: è la fase che si occupa dello sviluppo del modello digitale dell’artefatto, per poi passare alla prototipazione. Per questa attività, e laddove fosse necessario, è possibile avvalersi del risultato del rilievo digitale del corpo, customizzando dunque il modello dell’artefatto su una morfologia specifica. Il processo di elaborazione digitale può passare dal disegno bidimensionale – 2D CAD – al modello tridimensionale – 3D CAD. Al fine di rendere il processo reiterabile e scalabile, è possibile avvalersi della modellazione parametrica che, come riportato in precedenza, permette la generazione di una geometria attraverso parametri informatici e valori numerici. Questo passaggio, dal codice parametrico al modello tridimensionale dell’oggetto, è caratterizzato da notevoli potenzialità, in quanto permette di integrare nella geometria anche spazi e alloggi specifici per la componentistica elettronica e sensoristica IoT, rendendo dunque quest’ultima una parte integrante del progetto del dispositivo (Pontillo et al., 2021). Conclusa la fase di modellazione, è possibile passare a quella di prototipazione attraverso l’impiego delle tecnologie della fabbricazione digitale, come la stampa 3D, particolarmente efficienti per il passaggio dal modello digitale all’artefatto fisico (Sayem, 2022). Si specifica, infine, che tra la fase corrente e la precedente, è possibile creare delle interazioni, al fine di verificare, attraverso simulazioni digitali, l’idoneità del dispositivo rispetto alle esigenze di contesto ma anche dell’utente finale.
Wearable devices and Smart technology: il processo di progettazione ha come obiettivo quello di giungere alla realizzazione di un dispositivo indossabile dotato di tecnologie smart, utili per il rilevamento ed il monitoraggio di dati, ma anche per connettere il dispositivo con un sistema più ampio, utile a comunicare con la rete e con l’utente. In merito si evidenzia la necessità di integrare tra loro diversi strumenti e dispositivi, al fine di permettere l’interfacciamento tra wearable e utente.
Digital communication & DataVis: per poter permettere la conversione dei dati in artefatti visivi, è possibile avvalersi dell’abilità visualizzatrice (Ricci, 2007) propria della comunicazione visiva e, più in particolare, della visualizzazione dei dati, che parte dall’analisi dei dati registrati, per poi passare alla loro traduzione in forma visiva, che può essere resa accessibile attraverso mappe dinamiche, infografiche o diagrammi interattivi, attraverso le interfacce di applicazioni per dispositivi mobili – come smartphone o tablet – ma anche di piattaforme digitali, aprendo ad un ulteriore tema, legato alla possibilità di aumentare l’impatto della ricerca, ma anche la partecipazione e la consapevolezza degli utenti, in un’ottica disseminativa e divulgativa. Sebbene questo aspetto necessiti di ulteriori approfondimenti legati alla tutela della privacy, è comunque possibile affermare che per impieghi circoscritti ad uno specifico contesto – si pensi a quello del design medicale o dell’health design – o attraverso l’oscuramento di dati anagrafici e/o sensibili, sarebbe possibile superare i vincoli giuridici nel rispetto della privacy dell’utente finale.
In merito all’approccio descritto, si riporta infine che questo si inserisce in un sistema matriciale, caratterizzato dalle seguenti dicotomie: 3D Digital/3D Physical; Product/Communication; Data monitoring/Data visualization; Wearable Device/Digital Device.
Riflessioni conclusive
Le innovazioni digitali hanno una influenza importante sulla vita quotidiana, perché modificano ed arricchiscono le interazioni umane, la comunicazione e le relazioni sociali. Dal punto di vista degli utenti finali, sono tre le grandi ondate di innovazione tecnologica che ne hanno modificato le operatività, a partire dall’introduzione dei personal computer, di Internet ed infine dei dispositivi mobili (Mystakidis, 2022). Il potenziale di queste innovazioni è stato successivamente amplificato dall’IoT, che ha reso gli oggetti vivi, capaci di sentire e comunicare con le persone, con gli altri oggetti, con l’ambiente circostante e con la rete, portando ad uno sconfinamento tra dominio reale e virtuale. A ciò si affiancano nuove tecniche e strumenti progettuali, che hanno modificato le filiere produttive tradizionali e calato il design in una dimensione più vicina alle persone, anche grazie ad approcci che permettono di rendere l’utente centrale in tutte le fasi, non solo di analisi delle esigenze, ma anche di verifica ed usabilità, attraverso una smaterializzazione degli oggetti e dei corpi che, attraverso spazi immersivi, ne rendono possibile l’interazione, ancor prima che l’oggetto abbia una sua conformazione tangibile. Parallelamente, la trasversalità delle competenze, insieme a differenti tecniche progettuali e produttive, permette di velocizzare e snellire i processi, rendendoli inoltre facilmente reiterabili e scalabili. In merito, gli approcci basati su codici parametrici ed informatici, attraverso cui si giunge alla generazione degli artefatti, permettono al processo stesso di cambiare paradigma, da form making a form finding.
Alla luce di queste riflessioni, è possibile comprendere come l’approccio descritto nella sezione precedente sia di particolare rilevanza rispetto allo scenario progettuale ed oggettuale contemporaneo, perché impiega le tecnologie e gli strumenti del digitale come mezzo, e non come fine, utili alla realizzazione di oggetti intrisi di tecnologia, eppure organici, mutevoli, capaci di mettere in comunicazione il corpo umano e l’ambiente circostante, ma anche di aumentare la consapevolezza del singolo individuo, anticipandone le azioni e le sensazioni.
È in questi aspetti che è possibile individuare la misura in cui l’approccio Digital Custom Design partecipa alla progettazione di prodotti-performance, in quanto sposta l’attenzione dal singolo prodotto, all’intero processo progettuale, inteso come un percorso che cambia in base alle possibili interazioni e relazioni che l’oggetto instaura con l’utente finale.
In quest’era, caratterizzata da smart technologies, come le IoT, nonché da tecniche ibride che fondono la realtà fisica con la virtualità digitale (Mystakidis, 2022), i dispositivi indossabili, dunque, sono attenzionati, in quanto contribuiscono allo sviluppo di una maggiore consapevolezza sul proprio corpo attraverso l’utilizzo di uno strumento che rappresenta un valore reale per l’utente finale. In tale prospettiva, questi dispositivi si distinguono dai vari accessori preesistenti, pensati unicamente per l’apparenza, perché hanno come scopo quello di stimolare nelle persone una consapevolezza rinnovata su sé stessi e sull’esperienza che si sta vivendo (Zannoni, 2018). Per fare ciò, il ruolo del design sarà quello di avvalersi del digitale – piuttosto che basarsi su quest’ultimo – e attraverso la ricerca e i nuovi approcci – come quello descritto – giungere all’innovazione funzionale, tecnica e semantica dell’oggetto.
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