«Potenti e dirompenti tendenze, forze di cambiamento, di portata globale in grado di trasformare l’economia, la società, le organizzazioni, la convivenza umana, i comportamenti». Questo è uno dei modi per definire i Megatrend.
I megatrend cambiano il mondo nel presente
Queste forti tendenze si insinuano nella vita quotidiana modificando profondamente pratiche e pensieri umani, spesso inconsapevolmente. I megatrend agiscono sulla cultura, sulla politica, sui comportamenti, nelle relazioni, nel business e modellano il presente predisponendo già alcune caratteristiche del futuro che verrà. In un certo senso possiamo dire che i megatrend preparano i cambiamenti, gli danno forma e sostanza; se poi questo si traduce in qualcosa di positivo o negativo, è tutt’altra questione.
Una loro caratteristica specifica è che non sono sempre facili da individuare perché spesso dipendono dalla combinazione di più fattori: a volte alcune tendenze possono anticiparne l’arrivo, ma non è detto che poi acquistino una portata trasformativa epocale divenendo, appunto, megatrend. Tra questi, alcuni sono oggi riconoscibili e certi: per esempio i fenomeni demografici, climatici e ambientali, tecno-digitali, energetici, urbanistici. Tutti stanno agendo in modo profondo e continuo con effetti immediati e visibili sulla vita del genere umano e del pianeta.
Uno degli ambiti in cui è più facile e immediato vedere come agisce un megatrend è il mondo del lavoro, in particolare l’azienda. È qui che si costituisce un ambiente dai contorni precisi e ben delimitati in cui è possibile vedere in azione, nella forma e nei contenuti, proprio gli elementi che caratterizzano tali fenomeni di portata globale. Sono due i megatrend in azione oggi nelle organizzazioni: quello tecnologico e quello demografico.
Il megatrend tecnologico ha storicamente rivoluzionato il modello di lavoro umano negli ultimi due secoli. La rivoluzione industriale ne è solo la parte iniziale: più recentemente le innovazioni tecnologico-digitali sono ormai incontrovertibili e, a volte, incontrollabili. Nell’ultimo ventennio queste innovazioni hanno assunto un ritmo veloce come mai prima e, grazie a questo, sono ormai pervasive. Non sono cambiati solo i modelli e i luoghi produttivi ma anche la gestione delle relazioni e i modelli di leadership sul posto di lavoro. Può sembrare un paradosso, ma la tecnologia, soprattutto quella digitale, ha rivoluzionato i comportamenti dei singoli e dei gruppi perché ha trasformato anche il senso del lavoro a livello generazionale.
La disintermediazione della relazione è uno degli effetti profondi e distinguibili di questo megatrend: le app, i social media, l’espansione dei mercati on line, il customer care sono solo alcuni dei settori in cui la relazione è intermediata dalla tecnologia.
Il progresso tecnologico impatta nelle organizzazioni trasformando compiti, mansioni, ruoli e gerarchie interne aziendali, così come la gestione del cliente esterno. Ad esempio, i settori marketing, commerciale, customer service sono solo la punta di un iceberg produttivo-organizzativo che ha radicalmente mutato aspetto negli ultimi vent’anni e che, nella maggioranza dei casi, li vede ancora in cerca di una nuova identità. È in questo quadro che oggi nelle aziende si evidenzia un gap profondo, ancora tutto da colmare: il ritmo a cui evolvono le tecnologie non è lo stesso ritmo in cui evolve il genere umano.
Il megatrend demografico è profondamente interconnesso a quello tecnologico: la longevità è, infatti, frutto del progresso. L’allungamento della vita media, soprattutto nel mondo occidentale, ha reso possibile un evento straordinario mai accaduto prima: la convivenza sul pianeta di ben 7 generazioni. Per il futuro si sa anche dove e quando la popolazione aumenterà o non aumenterà, o quanto vivrà in media[1]. L’impatto della demografia ha profondi risvolti culturali ed economici. Culturale perché ogni generazione, come gruppo, sviluppa un suo mindset o filosofia di vita con caratteristiche di pensiero e comportamento, un orientamento ai consumi e al futuro ben specifici. Economico perché ogni generazione vede il mondo e il lavoro attraverso gli strumenti e gli eventi che sperimentano mentre diventano grandi (cfr. Pierantoni, 2015).
La portata sociale, politica e professionale di questo fenomeno è stata poco compresa fino a pochissimo tempo fa. Solo nell’ultimo decennio le aziende, il mondo politico e istituzionale stanno ‘svegliandosi’ da questo torpore socio-demografico e lo fanno perché obbligati a rispondere a una crisi economica che oggi è esplosa in tutti i suoi risvolti pratici, evidenziando una mancanza di visione e anticipazione a medio e lungo termine. Vivere di più ha ripercussioni in ogni ambito di vita individuale e comune.
È cominciata l’epoca in cui i sistemi economici e la sostenibilità del business, sia a livello imprenditoriale che organizzativo, sono – e saranno – influenzate sempre più dalle esigenze che le persone sviluppano nelle diverse fasi di vita che si trovano ad affrontare, da un lato come individui, cittadini e lavoratori, dall’altro come consumatori.
Il fatto che il mondo diventerà sempre più vecchio richiede una consapevolezza di visione strategica da parte di aziende, organizzazioni e istituzioni che porti a un cambiamento di priorità nelle agende degli stakeholders. Indizi sociali, ma anche geo-politici di forte instabilità letti con la chiave demografico-generazionale possono già fornire elementi utili, se non strategici, per un esercizio di anticipazione del futuro. Nel panorama europeo – il continente più ‘agè’ in termini di età come rilevato dalle analisi e previsioni delle Nazioni Unite – occuparsi di come sarà la qualità della vita privata, sociale, finanziaria e professionale delle persone, anche nelle fasi più adulte, è ormai urgente oltre che inevitabile.