Lo sviluppo del Metaverso, un’innovazione tecnologica che potrà avere effetti rilevanti in termini sociali, è considerato uno dei principali fenomeni emergenti del decennio. La realtà virtuale si definisce come uno spazio tecnologicamente generato. L’elaboratore simula una situazione con la quale il soggetto umano può interagire per mezzo di interfacce (ad esempio occhiali e caschi su cui viene rappresentata la scena, o guanti dotati di sensori per tradurre i movimenti in istruzioni per il software) (Zheng at al., 1998). Una forma di realtà virtuale (più precisamente, una sua evoluzione) è il Metaverso, che presenta alcune caratteristiche peculiari. In primo luogo, gli individui sono rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. In secondo luogo, gli individui, attraverso Internet, entrano in relazione con altri avatar. In terzo luogo, il Metaverso integra facilmente tre dimensioni, quella fisica, quella aumentata e quella virtuale (l’ibridazione di queste dimensioni viene chiamata extended reality experience; cfr. Mystakidis, 2022). Il Metaverso, dunque, è popolato da più utenti contemporaneamente, in un ambiente di realtà estesa, e dà vita a un’esperienza immersiva, condivisa e sincrona (Lee at al., 2021). Sotto questo profilo, quindi, quando si fa riferimento a un ambiente metaversale, si intende uno spazio relazionale all’interno del quale si sviluppa un vero e proprio tessuto comunicativo, culturale, e sociale, la cui governance sarà specifica e definita dalle regole incorporate nel design algoritmico della piattaforma.
In questo contributo, dopo aver ripercorso alcune caratteristiche storiche del mondo virtuale (attraverso l’analisi di Second Life), delineiamo due possibili direzioni di sviluppo del Metaverso. La prima è la privatizzazione (verticistica) dello spazio pubblico: l’ambiente è dominato da organizzazioni proprietarie che definiscono algoritmicamente le regole di comportamento degli utenti. La seconda è la co-progettazione orizzontale dell’ambiente (implementando principi come l’interoperabilità e la decentralizzazione). In conclusione, sosteniamo che una riflessione sul futuro del Metaverso, sia da parte dell’opinione pubblica sia delle istituzioni, possa essere decisiva per una costruzione del Metaverso il più coerente possibile con i principi democratici e liberali della società in cui viviamo.
Second Life. Elementi di anticipazione
Second Life è forse il primo mondo virtuale abitato da un numero elevato di utenti e certamente il più celebre antenato di ciò che viene oggi denominato Metaverso. Viene lanciato dalla Linden Lab nel marzo 2002 e in pochi mesi dà vita a un fenomeno piuttosto inedito: dentro Second Life nasce e si sviluppa una comunità autonoma, con regole condivise, un linguaggio proprio, pattern di comunicazione e un’economia contestualizzata (Rymaszewski et al., 2007). A popolare ancora oggi Second Life sono giornalmente circa duecento mila utenti, anche se il software può essere definito superato[1]. L’esperienza di Second Life, comunque, permette di anticipare alcuni elementi che potrebbero essere rilevanti nell’analisi delle prospettive future.
L’elemento nuovo in Second Life era la dimensione relazionale. La riduzione delle “frizioni” tra mondo fisico e mondo virtuale risulta essenziale per godere di un’esperienza virtuale. In particolare, Second Life presentava due feature peculiari: l’immersività e il senso di presenza. L’immersitivà “sostituisce” l’esperienza sensoriale del mondo fisico con quella virtuale (gli utenti sono isolati dagli stimoli visivi e auditivi esterni e in tal modo possono “partecipare” alle azioni generate dal computer, modificandole a loro volta). A maggiore immersività corrisponde un aumento del senso di presenza, ovvero la convinzione di trovarsi all’interno dello spazio digitale, fino a dimenticare la mediazione della tecnologia (Riva et al., 2009). Il senso di presenza rafforza la sensazione di condividere uno spazio con altri individui ed è tanto più forte quanto l’utente riesce a mettere in atto le proprie intenzioni nell’ambiente[2]. Entrambe le feature attengono alla capacità di abilitare relazioni virtuali in tempo reale, stimolando la creazione di legami interpersonali e l’espansione di dinamiche di gruppo.
Coerentemente con la struttura sociale di questo spazio, una delle linee strategiche di governance delineate dalla Linden Lab passava attraverso la strutturazione di una “politica economica”, consistente in una moneta circolante e in un sistema di scambio di beni e servizi tra i residenti e le imprese. È il cosiddetto “capitalismo creazionista”, la logica promossa nel mondo virtuale che secondo Boellstorf (2015) è alla base dell’economia digitale, e che intende il lavoro in termini di creatività individuale e la techne, concepita come arte produttiva, come lo strumento necessario alla soddisfazione personale. In questo paradigma, il bisogno di auto-realizzazione e di relazioni viene gestito e monetizzato dall’azienda che possiede il software: Second Life, come la maggior parte dei mondi virtuali, è di proprietà della Linden Lab, un soggetto privato che definisce gli ambienti secondo linee direzionali volte primariamente al profitto.
Detto brevemente, gli spazi digitali in cui si muovono gli utenti non sono pubblici, bensì privati. Non vi è un ente pubblico che traduce in regole i valori e gli interessi degli attori. In Second Life, il potere “legislativo” è attribuito unilateralmente all’organizzazione privata proprietaria della piattaforma e non include generalmente alcun processo democratico di negoziazione sociale. Inoltre, un mondo virtuale è abilitato da un codice informatico. “Code is law”, scriveva Lessig (2006) interpretando le ricadute politiche di un “legislativo codificato” in cui i proprietari incorporano nei parametri del software le regole che vincolano le azioni degli utenti. L’amministrazione dello spazio comune (non è possibile, in queste condizioni, chiamarlo propriamente spazio pubblico) e l’applicazione dei “termini e condizioni” sono spesso eseguite tramite un processo automatizzato, estraneo ai principi che generalmente guidano la decisione pubblica. In ultimo, la diffusa impossibilità di appellare le decisioni prese dai proprietari dalla piattaforma sposta in “mani private” anche il potere giurisdizionale, eliminando un altro meccanismo democratico utile a formare una decisione pubblica che sia il riflesso della comunità sottostante.
Si può concludere che Second Life, in termini di definizione delle strutture relazionali e di settaggio dei valori economici e politici fondanti, abbia anticipato diverse questioni importanti da affrontare in vista dell’eventuale sviluppo del Metaverso. Una tale configurazione genera domande in merito all’opportunità di regolare le modalità di definizione dei parametri algoritmici, influendo sulla capacità della società virtuale di corrispondere a principi democratici.
Et/aut. Metaverso verticistico, Metaverso orizzontale
Il nome Metaverso viene coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow Crash (1992), ambientato in un futuro in cui gli individui interagiscono in strade, locali, negozi virtuali. Il Metaverso di Snow Crash è uno spazio libero creato da programmatori indipendenti: non è, dunque, posseduto da alcuna multinazionale.
L’attuale Metaverso, seppur in fase di sperimentazione (il suo framework tecnico non è definito in modo univoco), prevede un ecosistema tridimensionale costituito da una moltitudine di ambienti digitali persistenti, interattivi e accessibili in tempo reale. Assume, dunque, le sembianze di un arcipelago di piattaforme connotate dall’integrazione di tre dimensioni, quella fisica, quella aumentata e quella virtuale: una nuova forma di realtà e di percezione esperienziale umana, definibile come extended reality experience (XRX, a differenza delle più note VR o AR)[3] (Boellstorf 2015). Il progetto del Metaverso intende portare la relazione fra individui e tecnologia a un nuovo livello di ibridazione, sia a livello spaziale (la dimensione fisica, quella aumentata e quella virtuale si intersecano) sia a livello temporale (viene indebolito ulteriormente lo stacco discreto online/offline, prevendendo una connessione continua al Metaverso, modulata in base alle attività che gli individui svolgono). Aumentando l’efficacia, l’usabilità (e anche la piacevolezza) dell’esperienza, la realizzazione del Metaverso potrebbe porre nuove implicazioni sociali e politiche.
Il probabile sviluppo metaversale orientato all’ibridazione fra spazio fisico e spazio virtuale richiederà un approfondimento delle possibili conseguenze non solo sulla percezione individuale e sulle modalità di pensare e agire nel mondo (individui persistentemente connessi a una realtà blended saranno portati a interpretare, a inter-relazionarsi e a tradurre il mondo circostante attraverso schemi di pensiero e comportamenti nuovi), ma anche sullo sviluppo di una società peculiare (quella metaversale) caratterizzata da dinamiche di potere e regole relazionali almeno in parte diverse da quelle esistenti nel mondo fisico (la difficoltà a distinguere tra essere log-in o log-off implica, ad esempio, la necessità di ripensare ad alcuni dei sistemi normativi classici, a partire dalle regole per l’utilizzo dei dati fino alla gestione delle nuove forme di partecipazione; l’approccio alla governance sociale di tale spazio virtuale dovrà probabilmente studiare il tessuto socio-culturale, comprenderne le caratteristiche e le necessità, sviluppare un sistema regolatorio innovativo).
La nostra tesi è che le possibili conseguenze sociali e politiche sono legate soprattutto a una “biforcazione” riguardante la governance degli ambienti metaversali. Immaginiamo che, grazie allo sviluppo tecnologico, l’ibridazione e l’immersività del Metaverso saranno maggiori a Second Life (rendendo, quindi, in prospettiva futura, il primo più diffuso e influente del secondo; cfr. Dionisio et al., 2013). L’aspetto più incerto, invece, è se il Metaverso verrà costruito e “colonizzato” da aziende proprietarie, che detteranno le regole del nuovo mondo (prosegue e si rafforza la privatizzazione dello spazio pubblico), oppure se emergeranno, magari attraverso tecnologie abilitanti, processi orizzontali e più partecipati (si potrebbe dire, maggiormente democratici).
Un elemento chiave che l’amministrazione di tali comunità virtuali dovrà valutare è il potere algoritmico di modellazione. Questa evoluzione potrebbe essere in continuità con la storia di Second Life, confermando il trend della privatizzazione degli ambienti digitali. Se oggi i gatekeepers, nel web 2.0, si occupano della moderazione dei contenuti circolanti sulle piattaforme (Giacomini, 2018; Casilli, 2019), non è difficile immaginare come in un ambiente tridimensionale si possa instaurare un sistema di filtraggio automatizzato degli avatar-individui, magari attribuendo alle intelligenze artificiali il potere di decidere chi potrà accedere a un determinato spazio virtuale. Si tratterebbe di uno shift di paradigma: non sarebbe più soltanto la libertà di espressione a essere esposta all’intermediazione e moderazione delle piattaforme private, ma sarebbe l’esistenza stessa degli individui e la loro capacità di esercitare il diritto al movimento virtuale a essere condizionate tramite algoritmo, con il rischio di creare un rinnovato sistema di classi sociali e disuguaglianze. A seguito di questo processo innovativo, solo una parte dell’umanità potrebbe avere le competenze e le caratteristiche necessarie a trarre vantaggi dal Metaverso. Le disuguaglianze digitali, o meglio virtuali, che potranno emergere dal Metaverso potrebbero essere sistemiche e radicali. Inoltre, probabilmente richiederanno di allontanarsi dal modello one-size-fit-all diffusosi fino a oggi, pianificando interventi mirati al singolo contesto.
Strettamente connessa a questo problema è la possibilità, offerta dal Metaverso, di implementare tecniche avanzate di estrazione di dati, con il rischio di concretizzare un esacerbato sistema di sorveglianza a fini (almeno) commerciali. Ad esempio, indossando i visori per abitare il Metaverso, è indubbio che feature come l’eye-tracking permetterebbero un accesso diretto a informazioni biometriche precedentemente indisponibili, portando a intrusioni nella privacy individuale (circa aspetti della personalità o della salute individuale). L’accesso al piano psichico e a quello emotivo degli utenti potrà essere rafforzato. Questo sarà ancora più vero se, coerentemente con la logica del capitalismo della sorveglianza (Zuboff, 2019), spinti dall’immersività e dal senso di presenza, gli individui si spoglieranno di ogni inibizione esteriorizzando e condividendo gli aspetti più intimi della propria vita. In questo senso, si tratterebbe di un sistema in cui l’estrazione di informazioni non si realizza tramite l’imposizione di obblighi e regole, ma attraverso la soddisfazione dei desideri. In questo scenario, i perimetri sempre più sfumati tra spazio pubblico e privato (Ball, 2020), e l’introduzione di nuovi device capaci di raccogliere tipologie di dati rimaste fino a ora off-limits, potrebbero potenziare le dinamiche della psicopolitica (Byung-Chul, 2016). Coloro che sono soggetti al potere della psicopolitica, a differenza di quanto avviene con il potere disciplinare della biopolitica foucaultiana, non si sentono sorvegliati o minacciati da una forma di controllo, ma anzi, nella loro libertà illusoria, contribuiranno a popolare i database delle big tech[4] (Vaccaro, 2020).
Una seconda possibile evoluzione, invece, va in una direzione diversa (forse opposta) rispetto agli indizi riscontrati in Second Life. Alcuni elementi, come l’immersività, il conseguente senso di presenza e la sincronicità, sono emersi chiaramente già in Second Life. Altri, come l’interoperabilità e la decentralizzazione, potrebbero essere specifici del nuovo spazio virtuale, e rilevanti per la “deviazione” economico-politica che potrebbero comportare.
Per interoperabilità si intende la possibilità di viaggiare, senza soluzione di continuità, tra le diverse isole virtuali, rimanendo titolari della stessa identità e proprietari degli asset digitali acquistati nel corso della propria vita virtuale: la skin di un avatar sul Metaverso di Horizon Worlds, per esempio, potrebbe anche essere usata in Fortnite, o essere regalata a un amico su Roblox. È importante specificare che, quando si parla di Metaverso in generale, non si fa riferimento solo alle piattaforme largamente pubblicizzate da Meta (già Facebook-Instagram), ma a una varietà di mondi virtuali già esistenti e già popolati da migliaia di utenti, ben prima che Meta lanciasse le sue piattaforme: da Fortnite a Decentraland, da Roblox a Mesh di Microsoft. È incerto se i mondi disponibili rimarranno diversi e plurali (offerti, dunque, da molte organizzazioni), magari mantenendo fra loro l’equilibro dell’interoperabilità, oppure se si affermerà una realtà specifica o una oligarchia di organizzazioni (consolidando posizioni dominanti come è accaduto, ad, esempio nel Web 2.0). Una seconda feature interessante, per quanto a oggi lontana dall’affermarsi, è la decentralizzazione. Esattamente come Internet, di per sé, non ha un proprietario, così il Metaverso potrebbe essere strutturato da diversi ecosistemi orizzontali, gestiti da differenti aziende od organizzazioni.
Una sperimentazione in questo senso è Decentraland, una piattaforma virtuale decentralizzata basata su blockchain Ethereum in cui gli iscritti[5] possono abitare, nel quale possono creare esperienze e contenuti[6] e all’interno del quale possono votare contribuendo alla formazione delle policy di gestione dello spazio virtuale[7]. Le Decentralized Autonomous Organization (DAO), ovvero le piattaforme che dovrebbero permettere l’interoperabilità e la decentralizzazione, si sviluppano su piattaforme blockchain, una tecnologia connotata, almeno nei suoi aspetti teorici, dai valori “democratici” (la fiducia tra i partecipanti raggiunta attraverso un sistema di consenso è il principio trainante; cfr. Marino, 2019). Nel Metaverso di Decentraland l’attuazione di una code governance comune, in cui le regole operative dell’organizzazione sono custodite in un codice informatico e votate dagli utenti, porta all’espansione del concetto di DAO a quello di DAS (Decentralized Autonomous Society)[8]. Il rischio di un’“algocrazia” rimane, ma un processo condiviso e partecipato di definizione dei parametri iniziali potrebbe mitigarne gli effetti.
Poiché il Metaverso è un fenomeno in una fase embrionale, non è ancora possibile confermare se questa innovazione replicherà il modello di governance economico-politica “privatistica” e verticistica emersa già in Second Life (e nel contesto del web 2.0), oppure se l’interoperabilità e la decentralizzazione saranno realmente elementi strutturali, incidendo sulle modalità con cui la società virtuale potrà definire i valori caratterizzanti la propria cultura. Quello che è possibile fare in questa fase, considerati i due possibili esiti, è individuare alcune azioni in grado di temperare gli effetti che, secondo il sistema di valori liberal-democratico in cui viviamo, potrebbero essere indesiderabili.
Il rischio della privatizzazione dello spazio pubblico e sfide regolative
Se, come si è detto, il Metaverso è prima di tutto un’esperienza che unisce il mondo virtuale a quello fisico, ibridandoli, è plausibile che questo nuovo ambiente comunicativo e sociale abbia delle implicazioni larghe, richiedendo uno sforzo creativo per tradurre in norme eque un panorama tutt’altro che chiaro o definito.
Il potenziale impatto del Metaverso vede in prima linea il tema di chi sia legittimato a decidere sull’architettura tecnologica e, conseguentemente, sulle regole che governeranno tale spazio. Se verrà perseguita la strada della “privatizzazione” del Metaverso, dell’autoregolamentazione e della code governance verticistica, il rischio è che imprenditori socialmente de-responsabilizzati saranno legittimati a definire i parametri evolutivi della comunità virtuale, attribuendo gerarchie ai valori secondo un processo non orientato al bene comune, ma al profitto.
Di fronte a questo rischio, l’importanza di una negoziazione partecipata delle regole della comunità metaversale è resa chiara da come l’Europa, sia in termini nazionali sia di Unione, si sta muovendo per regolamentare il mondo digitale. Il successo di un percorso regolatorio si ha quando sono riconosciuti i bisogni della società, immaginando una struttura di governance diffusa e rispondente ai principi delle comunità democratiche[9]. In particolare, in termini di attività legislativa, la Commissione Europea intende fare di questo decennio il “decennio digitale”, guidando il panorama regolatorio internazionale attraverso la promulgazione di diversi atti normativi volti al design di ambienti digitali più equi e rispettosi dei diritti umani. Da quanto emerge dai testi di recente emanazione, come la Direttiva Copyright, o in corso di discussione, come il Digital Services Act, il Digital Market Act, il Data Act e l’AI Act, l’approccio sembra a volte teso a adeguare le strutture normative attuali, valide nel mondo fisico, al mondo digitale. Il rischio è di disconoscere le caratteristiche fisiologiche del mondo digitale e le differenze intrinseche degli ambienti virtuali, producendo un framework normativo non adatto ad interpretare le esigenze peculiari emerse dalle ecologie sociali ibride.
Sarebbe importante superare il trade-off classico che vede contrapporsi il reale al virtuale, e definire un vocabolario condiviso che riconosca come sia l’esperienza fisica sia quella virtuale sono “reali”, proprio in quanto plasmate dall’esperienza vissuta in tali ambienti. In secondo luogo, è cruciale comprendere come la virtualità sia una caratteristica dell’essere umano: It is by being virtual that we are human, scrive Boellstorf nel suo libro di etnografia dedicato a Second Life (2015), intendendo che anche la capacità umana di immaginare e dare forma a una realtà alternativa attraverso la tecnologia rende l’essere umano tale. L’utilizzo della tecnologia per creare nuovi spazi o modalità di interazione è un’espressione tipica dell’agency umana. Recentemente, anche Ferraris (2021) invita ad abbandonare la “sindrome di Rousseau”, ovvero l’idea secondo cui esiste una natura umana originaria, priva di tecnologia, a cui si farebbe bene ritornare. Piuttosto, gli individui frequentano ambienti comunicativi e sociali digitali in quanto, come ha sostenuto già Aristotele, siamo animali dotati di linguaggio. I tratti umani sono emersi nella storia in biunivoco rapporto con la tecnologia. Vi è una connessione sistematica e indissolubile con la tecnologia, al punto che la tecnologia deve essere considerata una parte dell’antropologia, e, reciprocamente, l’antropologia è l’altro volto della tecnologia.
La comprensione rigorosa e sistematica delle trasformazioni guidate dalla tecnologia, l’analisi della tipicità sociale del contesto digitale, così come di quello virtuale, e lo studio critico degli impatti che diverse infrastrutture tecniche o modelli proprietari possono comportare in termini politici, sono un primo passo per agire con lungimiranza. La complessità del sistema sociale in rapporto al mondo virtuale richiede strumenti normativi sufficientemente flessibili da potersi adattare in tempi rapidi all’evoluzione tecnologica, evitando di riproporre un sistema improntato sull’autoregolamentazione privata e al completo lasseiz-fair. Questa fase, precedente a un’eventuale diffusione della extended reality experience, offre un’occasione per costruire consenso sui valori caratterizzanti una governance metaversale orizzontale, e per declinare alcuni principi guida della futura politica del mondo digitale. Ad esempio, si potrebbe espandere alcuni diritti a oggi limitati da fenomeni di contrazione (come ad esempio la privacy), o ancora, si potrebbe valutare se non sia il tempo di istituire organismi indipendenti, nazionali ed internazionali, che si occupino di definire principi e regole, coerenti con i sistemi liberaldemocratici, per il mondo del Metaverso.
Bibliografia
- Ball M., The Metaverse: What It Is, Where to Find it, and Who Will Build It, Mattewball.vc, 2020: https://www.matthewball.vc/all/themetaverse
- Boellstorf T., Coming of Age in Second Life, Princeton University Press, Princeton-Oxford, 2015.
- Byung-Chul H., Psicopolitica, Nottetempo, Roma, 2016.
- Carr, D., Oliver, M., Second LifeTM, Immersion, and Learning, in Zaphiris P., Ang C.S. (a cura di), Social computing and virtual communities, CRS Press, Boca Raton, 2009.
- Casilli A.A., En attendant les robots. Enquête sur le travail du clic, Seuil, Parigi, 2019.
- Dionisio J.D.N., Burns W.G.B., Gilbert R., 3D virtual worlds and the metaverse: Current status and future possibilities, «ACM Computing Surveys (CSUR)», vol. 45, n. 3, 2013.
- Ferraris M., Documanità. Filosofia del mondo nuovo, Laterza, Roma-Bari, 2021.
- Giacomini, G., Verso la neointermediazione, «Iride», vol. 31, n. 3, 2018.
- Kendall L., Hanging Out in the Virtual Pub: Masculinities and Relationship Online, University California Press, Berkley, 2002.
- Lee L.H., Braud T., Zhou P., Wang L., Xu D., Lin Z., Kumar A., Bermejo C.. Hui, P., All one needs to know about metaverse: A complete survey on technological singularity, virtual ecosystem, and research agenda, arXiv preprint, 2110.05352, 2021.
- Lessig L., Code and Other Laws of Cyberspace, Version 2.0, Basic Books, New York, 2006.
- Marino F., Blocksophia, Mimesis, Milano, 2019.
- Mystakidis S., Metaverse, «Encyclopedia», vol. 2, n. 1, 2022.
- Riva G., Vatalaro F., Zaffiro G., Tecnologie della Presenza: concetti e applicazioni, «Mondo digitale», n. 3, 2009.
- Rymaszewski M., Au W.J., Wallace M., Winters C., Ondrejka C., Batstone-Cunningham B., Second life: The official guide, John Wiley & Sons, Hoboken, 2007.
- Stephenson N., Snow crash, Bantam Books, New York, 1992.
- Vaccaro S., Gli algoritmi della politica, Eleuthera, Milano, 2020.
- Zheng J.M., Chan K.W., Gibson I., Virtual reality, «Ieee Potentials», vol. 17, n. 2, 1998.
- Zuboff S., The age of surveillance capitalism, Profile books, London, 2019.
Note
[1] Il numero indicato è approssimativo. Coloro che giocano regolarmente sono invece circa due milioni. https://hostingtribunal.com/blog/second-life-facts/#gref?
[2] Più problematica è stata, invece, la gestione del tempo. Il tempo virtuale si muove tra aspetti di sincronia, che supportano la percezione realistica degli ambienti virtuali, e aspetti di asincronia, dettati dalla tipica possibilità di log-in e log-off dalla piattaforma (Kendall, 2002).
[3] Interessante, a questo proposito, il sito di Accoto. https://cosimoaccoto.com/
[4] Nel panottico digitale, i protagonisti sono i proprietari dello spazio comune (ovvero le big tech), capaci di elaborare previsioni sul comportamento umano e influenzare e dirigere le scelte individuali e collettive nella direzione voluta.
[5] A fine dicembre 2021 gli utenti registrati erano più di 800.000 e quelli attivi mensili erano poco meno di 500.000. https://www.economyup.it/retail/metaverse-fashion-week-una-settimana-della-moda-solo-in-realta-immersiva-e-la-prima-volta-nella-storia/
[6] Si potrebbe definire brevemente come una sorta di Second Life su blockchain.
[7] Informazioni sulla piattaforma si possono trovare su https://dao.decentraland.org/en/
[8] Le DAS sono società virtuali i cui principi di governance emergono da un movimento consensuale collettivo, e non da strutture gerarchiche di origine privata che prioritizzano la massimizzazione del profitto.