Il tema del lavoro domestico è emerso in tutta la sua importanza nel corso di questa pandemia: la paura del contagio e le difficoltà nella gestione di tempi di vita e di lavoro a causa di home working e chiusura delle scuole ci hanno messo davanti alla necessità di vedere e riconoscere l’importanza di quel lavoro che troppe volte viene dato per scontato. Come ricorda la stessa Convenzione ILO 189/2011 sul lavoro domestico, con questo termine si intende qualsiasi lavoro svolto in casa o per la casa; la dimensione spaziale è dunque essenziale (Marchetti, 2011) e ingloba tanto attività di cura diretta come l’assistenza ad anziani e bambini, quanto attività di cura indiretta come la cura della casa. È lo spazio domestico che determina il carattere di atipicità del settore e che rende difficile la sua regolamentazione (ILO, 2013;2016); ed è proprio lo spazio domestico ad aver rivestito un ruolo privilegiato nell’ultimo anno, esplicitando tutte le contraddizioni che lo attraversano.
Partendo dalla spiegazione del carattere di invisibilità costitutiva che determina organizzazione e svolgimento del lavoro domestico, il presente articolo si concentra in prima battuta sulla definizione dell’invisibilità di questo lavoro a partire dall’interazione di diverse sfere di azione sociale, per definire i processi sociali, economici e culturali che contribuiscono a sminuire il valore economico e sociale della cura. È poi inevitabile sottolineare il continuum concettuale esistente tra lavoro domestico gratuito e retribuito, che svaluta il secondo come conseguenza della storica svalutazione e del mancato riconoscimento del primo. Nel fare ciò, analizzare l’impatto della pandemia da Covid-19 sul lavoro domestico retribuito comporta necessariamente considerare anche l’impatto complessivo della pandemia sulla forza-lavoro femminile. Un simile approccio permette di capire perché le attività legate alla riproduzione sociale della vita stessa siano considerate un onere privato e individuale all’interno di un sistema di welfare basato sul familismo (Esping-Andersen, 1990; Bettio, Simonazzi, Villa; 2006).
Infine, procederò con la descrizione dell’impatto che l’attuale situazione pandemica ha avuto e ha sul lavoro domestico esternalizzato, ovvero svolto da lavoratrici[1] domestiche a pagamento, per poi esplicitare tutti i limiti derivanti dal considerare le responsabilità di cura come onere privato e femminile. Per farlo, farò affidamento su dati statistici già disponibili, recenti studi e interviste svolte nell’ambito della mia ricerca di dottorato, che ha necessariamente dovuto tener conto anche del «fattore Covid». Se la pandemia ha, infatti, dimostrato la nostra interdipendenza e reciproca connessione, occorre ora un cambio di paradigma che consenta di riconcettualizzare il care burden come onere collettivo, verso la costruzione di quella che Joan Tronto definisce democrazia della cura e che appare oggi più che mai come un passaggio necessario per l’elaborazione e la costruzione di relazioni sociali e politiche più democratiche.
Per visualizzare tutto il contenuto devi effettuare l'accesso.Per favore Login. Non sei iscritto? Registrati ora