Quando pensiamo al futuro, ci sembra naturale vederlo ‘aperto’: un reame di possibilità indefinite, in attesa delle scelte che compiamo ora. Ma abbiamo ragione a pensare al futuro in questo modo?
Alcuni filosofi sostengono che l’unico modo per spiegare le differenze nel modo in cui guardiamo al passato e al futuro è quello di utilizzare una certa immagine ‘metafisica’ del tempo. Secondo questa visione, il tempo stesso si dispiega e il futuro ha proprietà di base molto diverse dal passato. Secondo la teoria dell’universo-blocco, per esempio, gli eventi del passato e del presente esistono, ma gli eventi del futuro non esistono ancora. La ragione per cui pensiamo al futuro come aperto è che non esiste ancora.
Ma questo approccio metafisico pone almeno un paio di problemi. In primo luogo, non si accorda bene con la scienza. La fisica fondamentale non indica niente di simile a un’immagine del tempo che evolve, o concezioni in cui il tempo stesso cambia. Dal punto di vista della fisica, gli eventi futuri sono reali quanto quelli del passato e del presente, anche se non possiamo interagire con essi.
C’è un altro problema nell’impiego di una visione metafisica per spiegare perché il futuro sembra aperto. La mente umana non è in grado di intuire la realtà fondamentale. Generalmente occorre molto lavoro empirico per capire come sono fatte le cose. Un tempo era del tutto naturale pensare all’aria come priva di peso e agli oggetti solidi come pieni di materia. Ma abbiamo imparato che l’aria è pesante, e che le cose solide sono per lo più composte di spazio vuoto, benché riusciamo a capire perché le cose ci sembrassero diverse. Alla luce di queste lezioni, sarebbe piuttosto sorprendente avere una visione diretta della natura fondamentale del tempo.
Allora, cos’altro potrebbe spiegare l’apparente apertura del futuro? Il mio personale approccio è alquanto insolito e fa ricorso a ipotetici casi di viaggio nel tempo, in particolare a casi in cui una persona viaggia indietro nel tempo per interagire con eventi accaduti prima della sua partenza. C’è un ampio consenso sul fatto che questo tipo di viaggio nel tempo non avverrà nel nostro mondo, almeno non a breve. Ma i filosofi, soprattutto a partire da David Lewis, l’autore di On the Plurality of Worlds (1986), sostegno che questi casi sono tuttavia logicamente possibili, concettualmente coerenti. Utilizzando una sola linea temporale, possiamo raccontare storie coerenti che comprendono i viaggi nel tempo. In questo approccio, i viaggiatori del tempo non tornano nel passato cambiando un evento, come nel film Ritorno al futuro (1985). Il viaggio nel tempo è più simile a quello che vediamo ne L’esercito delle 12 scimmie (1995): il viaggiatore del tempo si trova nel passato e partecipa agli eventi che hanno reso il futuro come lo conosciamo.
Cosa possono insegnarci i viaggi nel tempo sul futuro aperto? In primo luogo, il viaggio nel tempo suggerisce che l’apparente apertura del futuro è una questione di prospettiva: dipende da quale punto di vista si adotta. Poniamo che stiate guardando il Dottore di Doctor Who scomparire nella sua macchina del tempo la notte del Capodanno 2020. Dal vostro punto di vista, gli eventi dopo Capodanno possono cambiare, mentre gli eventi prima del Capodanno no, quindi solo il futuro appare “aperto”. Ma assumiamo la prospettiva del Dottore. Egli (o ella) può influenzare gli eventi del passato. Può decidere dove atterrare, chi vedere e cosa fare. In tal modo gli aspetti del passato gli sembreranno “aperti”. Poiché i viaggiatori del tempo e noi altri viaggiamo su percorsi diversi attraverso il tempo, diverse parti del tempo sembreranno aperte. Se ciò è vero, il fatto che il tempo ci sembri aperto non dipende da una caratteristica metafisica del tempo. Dipende invece dal modo in cui ci muoviamo nel tempo e da quali eventi possiamo influenzare.
Ne consegue che l’apparente apertura del futuro si riduce a ciò che è possibile influenzare? Il fatto che le cause vengano sempre prima dei loro effetti (nel nostro mondo) ci spiega molto del modo in cui guardiamo agli eventi futuri. Ma non credo che questo sia tutto. Immaginate di nuovo di trovarvi in un mondo dove potete viaggiare indietro nel tempo, e siete angosciati per l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Allora saltate nella macchina del tempo, tornate indietro nel 1914 e cercate di prevenire l’assassinio. L’argomentazione standard di Lewis è che si può effettivamente prevenire l’assassinio. Perché? Perché, una volta che siamo tornati indietro nel tempo, l’assassinio è qualcosa che possiamo influenzare causalmente. Se è vero che non riusciamo a prevenirlo (dato che sappiamo che l’assassinio avviene), ciò non significa che non siamo grado di farlo: dopo tutto, spesso possiamo fare cose che però non riusciamo a fare. Se Lewis ha ragione, allora, e se la sola causa spiega le nostre idee sul tempo, allora i viaggiatori del tempo vivranno l’intero futuro come aperto.
Ma, a mio avviso, non è proprio così. Un viaggiatore del tempo che sa perfettamente cosa sta per accadere non può ragionevolmente considerare tutti gli eventi futuri come possibili. Avendo vissuto le conseguenze dell’assassinio di Ferdinando nel 1914, e avendo a disposizione i documenti che comprovano il suo verificarsi indipendentemente dalle scelte che farà nel suo presente, un viaggiatore del tempo ragionevole avrà la certezza che l’assassinio si verificherà, indipendentemente da ciò che farà o non farà. Di conseguenza il futuro nella sua interezza non appare più aperto.
Se questa argomentazione è corretta, la ragione per cui il futuro ci sembra aperto non sta solo nel fatto che possiamo influenzarlo causalmente. Sta anche nel fatto che non abbiamo ricordi e registrazioni del futuro nel nostro mondo. Parte di ciò che contribuisce alla nostra sensazione che il futuro è aperto, quindi, sembra essere la nostra ignoranza di esso.
Ma forse tutto questo non ha senso: il viaggio nel tempo non è una possibilità pratica al momento, quindi non ci dice molto sulla nostra attuale esperienza del futuro. Tuttavia, ci sono altri modi in cui potremmo riuscire ad avere una conoscenza affidabile del futuro. Se gli algoritmi di deep learning diventeranno estremamente avanzati, potrebbero essere in grado di prevedere in modo affidabile non solo le tendenze generali su ciò che faremo, come per esempio le nostre abitudini di spesa, ma anche le scelte di dettaglio, come la macchina che compreremo, dove manderemo i nostri figli a scuola e dove sceglieremo di andare in vacanza.
Immaginate che vi sia stato detto quale sarà il vostro prossimo grosso acquisto. Potreste pensare che questo non avrà alcun effetto sulla vostra apparente libertà. Sicuramente potete cambiare idea e decidere altrimenti, soprattutto dal momento che la previsione vi è stata rivelata. Ma immaginate che la previsione sia fatta nei minimi dettagli, e riveli non solo una scelta, ma l’intera storia futura della vostra vita, che si estende davanti a voi. E immaginate che chi ha fatto la previsione sappia come prendere in considerazione l’effetto che la vostra conoscenza della sua previsione avrà su quello che deciderete. La mia ipotesi è che imbatterci in simili previsioni avrebbe un effetto profondo sulla nostra esperienza e inizierebbe a erodere la nostra certezza di un futuro malleabile.
Avrei bisogno di dire molto di più per rendere quest’argomentazione veramente convincente. Quello che spero di aver dimostrato, tuttavia, è che si tratta di un importante progetto teorico per spiegare la nostra esperienza del tempo nel mondo reale. I casi di viaggio nel tempo qui sono cruciali, perché ci permettono di riflettere su come le asimmetrie nella nostra esperienza del tempo possano rapportarsi l’uno con l’altro. Anche se il viaggio nel tempo è mera fantascienza, supporta il lavoro scientifico nel qui e ora.
Questo articolo è stato pubblicato in originale su Aeon con il titolo The future seems wide open with possibilities – but is it?