Prima di tutto vorrei ringraziare l’Italian Institute for the Future e il Center for European Futures, e in particolare il Dr. Paura e il Dr. Torre, per avermi invitato a parlare alla tavola rotonda di oggi sull’Afghanistan intitolata: “Vent’anni dopo l’11 settembre. L’Afghanistan tra regime change e trasformazione del sistema internazionale”.
In considerazione del tempo concessomi, parlerò in primo luogo della situazione attuale del Paese, in relazione alla crisi umanitaria e all’evacuazione, agli sfollati interni e alle migrazioni, al degrado socioeconomico, alle violazione dei diritti umani, alle affiliazioni e operazioni dei gruppi terroristici, agli interessi regionali e alla polarizzazione.
In secondo luogo vorrei proporvi alcuni probabili scenari per l’Afghanistan. In terzo luogo discuterò di alcune opzioni disponibili per i rapporti con i Talebani e offrirò alcune proposte per evitare lo scenario peggiore, ossia il collasso politico, l’inizio di una guerra civile e l’esplodere di rivalità regionali.
Infine, sulla base delle teorie della scuola (macro)strutturalista della scienza politica, parlerò delle ragioni dell’illegittimità del regime talebano e farò una breve analisi della trasformazione del sistema internazionale a partire dagli accordi di Doha e dall’assunzione del potere attraverso la forza da parte dei Talebani.
Prima di iniziare, vorrei cogliere questa opportunità per ringraziare i nostri alleati internazionali, in particolare l’Italia per i suoi sacrifici pagati con il sangue in Afghanistan. I 54 coraggiosi italiani che hanno dato le loro preziose vite per la causa della libertà, della democrazia, dei diritti umani e per la lotta contro il terrorismo non sono morti invano. Posso assicurarvi che la loro memoria resterà immortale nella storia dell’Afghanistan. Il mio apprezzamento va anche al governo italiano per l’evacuazione di 5000 afghani e per l’organizzazione e la conduzione della sessione speciale del G20 sull’Afghanistan.
Lo stato presente dell’Afghanistan e le crisi in corso
Poiché ciò si collega all’attuale, disastrosa situazione dell’Afghanistan, dobbiamo affrontare questioni basate su approcci di lungo termine, di medio termine e di immediata risposta. La questione più importante e imminente è la crisi umanitaria, e qui tutti i nostri sforzi sono necessari. Come forse sapete, attualmente circa 23 milioni di afghani sono a rischio di insicurezza alimentare, 14 milioni sono sull’orlo della fame, fino a 8,7 milioni di persone avranno bisogno di assistenza consistente e sul lungo termine. Questa crisi è peggiorata a causa di una diffusa e perdurante povertà, una difficile situazione di sicurezza, disastri naturali, ed è esacerbata dal cambiamento climatico e dalla siccità in corso oltre che dalla pandemia di COVID-19.
Sebbene il personale umanitario possa entrare nel Paese attraverso l’UNHAS, permangono diversi importanti ordini di problemi:
- Questioni che riguardano il movimento del personale locale di genere femminile delle organizzazioni internazionali e non governative per distribuire gli aiuti e permettere alle donne beneficiarie di riceverli.
- L’impiego di nuovo personale di genere femminile, la sua accettazione e la sua sicurezza così come quella di altri attori umanitari in tutto il Paese e specialmente nel sud.
- L’incertezza riguardo l’entità degli ostacoli burocratici dovuti alla chiusura permanente o all’assenza di funzionalità di vari ministeri, e alla notevole carenza di personale qualificato laddove le organizzazioni internazionali lavoravano o avevano unità distaccate presso questi ministeri.
- Benché i Talebani abbiano annunciato nuovi ministeri ad interim e abbiano chiesto la ripresa delle attività umanitarie, producendo anche – a quanto affermano – un manuale con linee guida operative per le ONG, queste assicurazioni e linee guida restano sulla carta e non sono state implementate dalle loro amministrazioni locali e decentralizzate.
- Le licenze generali per l’assistenza umanitaria rilasciate dagli Stati Uniti consentono solo alcune transazioni di tipo umanitario per buona parte delle ONG per fornire beni di prima necessità. Essendo troppo ristrette, la politica degli Stati Uniti deve mettere le imprese del settore privato nelle condizioni di fornire assistenza in questo settore per evitare una catastrofe più ampia.
Sulla base di queste problematiche, poiché gli attuali sforzi di assistenza umanitaria sono insufficienti e insostenibili, è necessario, oltre alla creazione di un corridoio finanziario umanitario, che venga creato un valido meccanismo di coordinamento, implementazione e monitoraggio.
Evacuazione umanitaria
Il tema dell’evacuazione umanitaria è una questione urgente, perché è l’unica misura salvavita per il precedente personale afghano della difesa, della sicurezza e dell’intelligence, per gli ex funzionari dei ministeri, parlamentari, giornalisti, accademici, membri della società civile e per coloro che hanno lavorato per i Paesi occidentali nel settore pubblico e privato in Afghanistan. Le recenti promesse dei Talebani di non cercare “vendetta” non hanno trovato riscontro, laddove si sono verificate uccisioni e sono stati condotti raid contro coloro che hanno cercato di nascondersi. Nei fatti, i parenti di quegli afghani che hanno lavorato con il precedente governo e con le forze internazionali e le istituzioni sono stati deferiti in tribunale. Ad oggi circa 110.000 persone sono state evacuate dall’Afghanistan. Pertanto, è imperativo che i Talebani consentano questo processo, affinché gli afghani possano, sulla base della loro libera volontà, lasciare direttamente l’Afghanistan o spostarsi in un altro paese per essere da lì evacuati in sicurezza.
Sfollati interni e migrazione internazionale
Ci sono 5,5 milioni di sfollati in Afghanistan. Questi numeri cresceranno con l’attuale situazione di sicurezza, la siccità, e le deportazioni viste a Kandahar e Daikondi. Pertanto, alla luce delle attuali dinamiche interne, la migrazione economica esterna aumenterà nei prossimi mesi. Per esempio, negli ultimi 3 mesi circa 330.000 persone hanno lasciato l’Afghanistan per l’Iran. Poiché la maggior parte dei migranti afghani mira a raggiungere l’Europa, ciò diventerà un’altra preoccupazione da affrontare per la comunità internazionale.
Degrado socioeconomico
Dal momento che i donatori hanno sospeso i miliardi di dollari di assistenza che hanno sostenuto fino al 75 per cento del bilancio del governo afghano e che rappresentavano il 40 per cento del prodotto interno lordo annuale, l’economia è andata distrutta.
Attualmente, il sistema finanziario si trova ad affrontare:
- Deprezzamento della valuta e carenza della valuta afghana;
- Carenza del dollaro USA su cui si basa l’economia;
- Inflazione diffusa;
- Aumento dei prezzi del cibo e dell’energia;
- Mancanza di accesso al denaro (in arrivo e accessibile nel paese tramite trasferimenti);
- Aumento dei fallimenti e della stretta creditizia;
- Incapacità di pagare gli stipendi, che ha portato al declino degli acquisti locali;
- Aumento degli affari illeciti come il traffico di droga e il contrabbando di antichità storiche/culturali di proprietà nazionale;
- Incapacità di fornire servizi sociali di base alla popolazione;
- Scarso tasso di fiducia a causa delle incertezze politiche, quindi riluttanza a investire;
- COVID-19 con conseguente diminuzione del 2% della crescita del prodotto interno lordo nel 2020.
Di conseguenza, si prevede che il tasso di povertà dell’Afghanistan salga a più del 70% nei prossimi mesi. Questo declino socioeconomico è destinato a peggiorare in quanto la percentuale della popolazione femminile occupata di età superiore ai 15 anni, che era al 22% nel 2019, con i Talebani che non permettono alle donne di tornare a lavorare non solo diminuirà, ma danneggerà anche i mezzi di sussistenza e aumenterà ulteriormente la povertà.
I rapporti pubblici indicano anche che i Talebani hanno già gestito male i mezzi di assistenza sotto il loro controllo. I Talebani non hanno dato alcuna prova di buona gestione o attitudine finanziaria. Hanno piuttosto nominato persone di loro fiducia senza alcuna competenza tecnica, persino per gestire la banca centrale. La loro recente decisione di vietare l’uso di qualsiasi valuta estera dimostra la loro ingenuità e incompetenza economica.
I recenti appelli di alcuni Paesi e delle agenzie internazionali umanitarie e di sviluppo a rilasciare ai Talebani anche solo una parte dei 9 miliardi di dollari delle riserve congelate dell’Afghanistan non solo legittimerebbe le azioni talebane, ma senza alcuna garanzia che i Talebani intendano utilizzare tali fondi a beneficio delle necessità del popolo afghano.
Inoltre, rispetto alle richieste delle organizzazioni internazionali di affrontare la crisi economica stabilendo un corridoio finanziario senza coinvolgere i Talebani, non è chiaro come possa attuarsi. Un simile piano dovrebbe essere chiaro e conciso e restare conforme alle sanzioni. Un modo per portare questo corridoio finanziario in Afghanistan sarebbe quello di privatizzare la Banca centrale afghana con l’impiego di controlli appropriati per evitare interferenze o appropriazioni indebite dei Talebani.
La situazione dei diritti umani
I Talebani hanno commesso atrocità e gravi violazioni dei diritti umani contro i civili afghani, tra cui donne e ragazze, bambini, minoranze, giornalisti, attivisti dei diritti umani, parlamentari afghani, e persone che lavoravano o sostenevano i diritti e i valori democratici in Afghanistan:
- Imponendo restrizioni alle donne nei luoghi di lavoro pubblici, osservata di recente nel nuovo decreto secondo cui le donne devono indossare l’hijab e il bando alla trasmissione di spettacoli televisivi e programmi che coinvolgono donne;
- Costringendo le donne dipendenti del settore pubblico e privato a non tornare al lavoro e a restare nelle loro case;
- Ostacolando il diritto fondamentale delle ragazze e delle donne di perseguire l’istruzione e l’educazione superiore;
- Imponendo restrizioni ai giornalisti e non fornendo loro accesso alle informazioni, oltre ad abusi, rapimenti e uccisioni. Recentemente 16 giornaliste mi hanno inviato una lettera per essere portate in Italia;
- Mettendo al bando la musica e i musicisti.
L’unico strumento disponibile per monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani da parte dei Talebani è principalmente l’uso di dispositivi cellulari con videocamera per riprendere e successivamente diffondere e condividere immagini attraverso i social media. Pertanto, senza un meccanismo valido sul campo in Afghanistan per monitorare i Talebani, la situazione dei diritti umani nel Paese è destinata a peggiorare.
Gruppi e operazioni terroristiche
Ci sono 22 gruppi terroristici operativi in Afghanistan, 19 dei quali sono direttamente sostenuti da alcuni dei paesi vicini. I gruppi terroristici più noti sono:
- Gli stessi Talebani noti come Tehreek-e-Taliban Afghanistan (con 65.000 soldati a pieno servizio e 10.000 stagionali).
- La rete Haqqani, che è parte dei Talebani avendo 15.000 loro miliziani, l’85% di etnia Pashtun, di cui il 70% provenienti dal clan Ghiljai e il resto dal clan Durani. La maggior parte degli Haqqani proviene dal clan Ghiljai.
- Al-Qaeda con circa 1800 miliziani.
- Daesh (ISIS-K) con circa 3000-4000 miliziani.
- Tahrik-e Taliban Pakistan (TTP)
- Partito Islamico del Turkestan, precedentemente noto come Movimento Islamico del Turkestan orientale.
- Movimento Islamico dell’Uzbekistan.
- Gruppo YOGHOR.
- Forza Quds
- Jundullah
- Lashkar-e-Jhangvi
- Movimento Jihadista del Bangladesh
- Gruppo Maulvi Nazir
- Gruppo Momin
- Jamaat-e-Dawa del gruppo sunnita Al-Quran
- Hezb-e-Mujahideen
- Movimento Jihadista Islamico
- Jaish Mohammad
- Lashkar-e-Taiba
- Tariq Gidar
- Jamaat-ul-Ahrar
- Alleanza Jihadista Islamica
Alcuni rapporti indicano che i servizi segreti di uno stato vicino stanno attualmente cercando di contenere i Talebani in Afghanistan attraverso un nuovo gruppo militante chiamato Islamic Invitation Front, creato nel 2020.
Come forse sapete, il governo dei Talebani dà priorità alla propria interpretazione della Sharia basata sulle loro strutture tradizionali, non istituzionali, faziose e localiste. Ciò ha creato frammentazione tra i ranghi e le fila dei talebani, in particolare tra la rete radicale Haqqani e il gruppo moderato di Doha guidato da Mullah Brother. Di conseguenza gli stati sponsor dei Talebani stanno iniziando finalmente a capire che il regime talebano è destinato a crollare. Inoltre, gli appelli della comunità internazionale riguardo alla mancata inclusività dei Talebani e alla presenza di noti terroristi tra i membri del loro governo provvisorio, la mancanza di rispetto per i diritti delle donne di accedere all’istruzione e cercare lavoro e le restrizioni alla libertà di stampa (già viste durante il regno dei Talebani dal 1996 al 2001 a Kabul), sono stati accolti con scuse, ritardi e rifiuti da parte dei Talebani.
Per prevenire un’ulteriore frammentazione e collasso, i Talebani hanno messo in campo sei importanti tattiche:
- Hanno trasformato la loro insurrezione in un governo, con la creazione delle Brigate Militari del Martirio. In tal modo, i Talebani hanno istituzionalizzato l’attentato suicida come metodo di combattimento praticabile contro tutti i loro nemici interni ed esterni;
- Hanno iniziato a vendere grandi quantità di armi americane al Pakistan e ad altri gruppi terroristici per costruire il loro esercito e rafforzare i loro gruppi terroristici affiliati;
- Hanno utilizzato gli attentati suicidi e gli attacchi fatti a nome dlel’ISIS per mantenere i loro soldati uniti nel contrasto al cosiddetto nemico comune, dove i Talebani sono i buoni e l’ISIS i cattivi. Ciò viene anche usato come stratagemma per ottenere legittimità e riconoscimento da parte del mondo;
- Hanno mostrato la loro nuova potenza militare durante le parate nelle città per rafforzare l’orgoglio dei loro soldati e allo stesso tempo minacciare i cittadini e alcuni dei tradizionali vicini dell’Afghanistan;
- Hanno nuovamente invitato membri di Al Qaeda in Afghanistan per sostenere militarmente, finanziariamente e ideologicamente i Talebani. Il loro legame con Al Qaeda è storico e si basa su legami familiari;
- Hanno conservato il monopolio della forza tenendo i non talebani, le donne, i leader dell’opposizione e la maggior parte degli altri gruppi etnici fuori dai centri del potere per evitare di alienarsi il consenso dei loro soldati.
Interessi regionali e polarizzazione
Attualmente la Cina e il Pakistan condividono la stessa politica e lo stesso approccio per quanto riguarda i Talebani, in conseguenza della loro partnership strategica e degli interessi reciproci in Afghanistan. Per la Cina l’uso della vecchia Via della Seta per il transito delle proprie esportazioni attraverso l’Afghanistan invece dell’Asia centrale è più conveniente. Inoltre, la Cina ha un enorme interesse a sfruttare le risorse minerarie dell’Afghanistan. Per il Pakistan, nell’ambito della sua strategia nota come Strategic Depth (“Profondità strategica”) in Afghanistan, l’obiettivo è il contenimento dell’India, il dirottamento del radicalismo islamico dal proprio territorio all’Afghanistan, e il consolidamento di un regime sotto la sua piena autorità per avere accesso all’Asia centrale per le sue esportazioni e importazioni attraverso l’Afghanistan, attingendo alle risorse del Paese, in particolare quelle idriche, nonché il completamento di progetti di connettività regionale come il TAPI per rendere il Pakistan autonomo dal punto di vista energetico. Inoltre, avendo ora in Afghanistan un regime che ne è sua diretta espressione, il Pakistan mira a formalizzare i suoi confini al Nord dichiarando la linea Durand frontiera de jure tra Afghanistan e Pakistan. Per questi motivi la Cina e il Pakistan saranno molto probabilmente i primi paesi a riconoscere i Talebani. La richiesta di riconoscimento dei Talebani e lo sblocco dei beni dell’Afghanistan da parte delle massime autorità durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, unitamente alla riapertura dell’ambasciata afghana da parte dei nuovi diplomatici talebani a Islamabad senza il riconoscimento diplomatico dei Talebani da parte del Pakistan – fatto contrario alle convenzioni di Vienna – sono indizi indicativi del tentativo del Pakistan di assistere ulteriormente il regime talebano. Va tuttavia notato che esistono differenze di opinione sul regime talebano tra le élite politiche, di intelligence e militari pakistane.
Russia, India e Iran hanno assunto una posizione condivisa in Afghanistan. Per questi tre paesi la massima preoccupazione è la formazione di un governo rappresentativo inclusivo e la garanzia che il suolo dell’Afghanistan non venga usato contro di loro dai terroristi. Inoltre, per la Russia e l’Iran la questione del commercio e del traffico di droga è altresì di grande allarme, soprattutto perché i Talebani hanno usato questo business criminale per sostenere le proprie operazioni in Afghanistan.
Ad eccezione dell’Uzbekistan e del Turkmenistan, che hanno ripreso i loro progetti economici regionali come il TAPPI, Casa 1000 ecc., la maggior parte dei paesi dell’Asia centrale ha seguito la posizione della Russia sui Talebani e le precondizioni poste per il loro riconoscimento. La maggior parte dei vicini dell’Afghanistan in Asia centrale sono minacciati dagli effetti di un’emorragia del terrorismo dall’Afghanistan verso i loro territori. Il Tagikistan ha spinto molto sulla formazione di un governo inclusivo in cui i leader dell’opposizione afghana tagika devono avere una parte importante.
Ultimamente, la Turchia e il Qatar hanno adottato un approccio più pragmatico in termini di impegno con i Talebani. La recente firma dell’accordo USA-Doha è indicativa del fatto che anche gli Stati Uniti sostengono l’approccio pragmatico di Doha con i Talebani. Alcuni paesi dell’Asia centrale, come il Turkmenistan e l’Uzbekistan, seguono la posizione panturchista nei confronti dei Talebani.
Gli Emirati Arabi Uniti, a causa della loro rivalità e competizione con il Qatar, hanno recentemente seguito le raccomandazioni del Pakistan e hanno iniziato ad aprire la loro ambasciata a Kabul. Molto probabilmente il riconoscimento dei Talebani da parte di questo paese sarà seguito da Pakistan e Cina.
L’Arabia Saudita ha fondamentalmente adottato una politica di fermezza, non aprendo al dialogo con i Talebani, prendendo atto che i Talebani non cambieranno e che quindi vanno considerati una minaccia per la regione e una vergogna per l’Islam e la comunità musulmana.
Primo scenario: lo Stato desiderabile – governance pragmatica rappresentativa
In questa seconda parte della mia relazione fornirò alcune possibili scenari.
Nel primo, sulla base delle attività diplomatiche dei Talebani negli ultimi anni e delle rassicurazioni che non sarà permesso l’utilizzo del suolo afghano da parte dei terroristi, come concordato nell’accordo di Doha e nei negoziati intra-afghani e nella risoluzione 2513 delle Nazioni Unite, i Talebani riprendono i negoziati e formano un’amministrazione provvisoria inclusiva, redigono una costituzione valida che sostituisce l’attuale costituzione e che consente un sistema rappresentativo. I Talebani accettano di essere una parte importante, ma non esclusiva del nuovo governo semi-rappresentativo. Sono riconosciuti dalla maggior parte dei paesi e i livelli di conflitto rimangono bassi nonostante la presenza di alcuni altri gruppi terroristici. Il nuovo governo mostra indulgenza, inclusività sul piano di genere ed etnico, e un desiderio genuino di rispettare i diritti delle donne così come i diritti delle minoranze in Afghanistan.
Secondo scenario: lo Stato indesiderabile – collasso e guerra civile
In considerazione del passato e presente disinteresse dei Talebani nei confronti delle richieste della comunità internazionale, iniziano a emergere nuclei di insurrezione nazionale nei centri urbani e di resistenza interna nelle zone rurali, tra cui il governo in esilio e il Fronte di Resistenza Nazionale, insieme ad altri gruppi terroristici, che iniziano a competere per il potere a Kabul portando il regime talebano al collasso e dando inizio a una guerra civile. L’economia collassa definitivamente e prevalgono affari illeciti come il narcotraffico. Le potenze regionali si uniscono alla guerra per promuovere i loro interessi concorrenti in Afghanistan, mentre gli Stati Uniti e la NATO iniziano un reimpegno militare indiretto in Afghanistan contro i Talebani, i loro affiliati e gli Stati sponsor.
Terzo scenario: lo Stato insostenibile – governance frammentata
In considerazione delle diverse interpretazioni teologiche dell’Islam e delle divisioni politiche e di pianificazione tra i gruppi talebani, le spaccature interne portano a una governance frammentata all’interno della leadership talebana, dei ranghi amministrativi e tra le forze militari. Inoltre, visti i passati legami ideologici, economici e familiari con altri gruppi terroristici, nonché gli incessanti attacchi coordinati a moschee e ospedali, le esecuzioni mirate di ex funzionari governativi attribuite ad altri gruppi terroristici, i Talebani mantengono strette relazioni estere con Pakistan e Cina e assumono una posizione opportunistica nei confronti degli Stati Uniti e dei loro alleati per ottenere il riconoscimento. Tuttavia, dopo un periodo iniziale di impegno della più ampia comunità internazionale, solo pochi vicini tradizionali sostengono e riconoscono i Talebani. I diritti delle donne e delle minoranze non sono rispettati, e le notizie dei media vengono limitate a quelle che non criticano il regime. Le sanzioni restano in vigore ma l’economia non collassa completamente grazie al limitato sostegno finanziario, agli affari illeciti e agli investimenti e allo sviluppo di alcuni settori minerari da parte della Cina e di alcuni altri vicini interessati.
Sebbene molti esponenti politici e accademici ritengano questo scenario verosimile per il futuro, crediamo fortemente che in realtà sia già in corso in Afghanistan.
Opzioni e raccomandazioni
Abbiamo tre opzioni riguardo il nostro impegno con i Talebani:
- Un impegno basato sull’approccio “aspettiamo e vediamo”.
- Un impegno basato sui termini e le condizioni dei Talebani.
- Un impegno basato sui termini e le condizioni della comunità internazionale.
Dal nostro punto di vista, la sola opzione pragmatica e percorribile con i Talebani è la terza. Per questo proponiamo le seguenti raccomandazioni:
- Nel suo impegno con i Talebani la comunità internazionale deve assumere una posizione comune sui suoi termini e condizioni.
- La comunità internazionale deve chiarire ai Talebani cosa s’intende con la formazione di un governo inclusivo. Per i Talebani inclusività significa avere nel governo solo membri maschi e appartenenti al proprio gruppo etnico. L’inclusività per loro non include le donne, i leader di altre etnie e partiti politici e i membri della società civile.
- La comunità internazionale deve trovare un approccio di smart power che combini hard power e soft power.
- In considerazione del fatto che la maggior parte delle missioni diplomatiche straniere, ad eccezione di quattro paesi, hanno lasciato l’Afghanistan, e non ci sono molti enti di monitoraggio governativi rimasti nel Paese, in linea con la risoluzione che estende la missione UNAMA fino al marzo del prossimo anno, nonché con la nomina di un relatore speciale delle Nazioni Unite per monitorare gli sviluppi della situazione dei diritti umani come in Afghanistan, proponiamo la creazione di una Unità speciale di monitoraggio dell’Afghanistan (SAMU, Special Afghanistan Monitoring Unit). Sotto l’egida dell’ONU, la SAMU permetterà alla comunità internazionale e alle potenze regionali di monitorare le azioni dei Talebani e rafforzare l’utilità del corridoio umanitario e finanziario per l’Afghanistan. Inoltre, in aggiunta al monitoraggio del processo di evacuazione umanitaria e alla protezione dei diritti umani, la SAMU potrebbe sostenere la ripresa dei negoziati intra-afghani per discutere la futura roadmap politica dell’Afghanistan in conformità con la risoluzione 2513 delle Nazioni Unite.
- Esistono diverse possibili opzioni di soft power per esercitare pressioni sui Talebani affinché accettino la SAMU secondo i termini e le condizioni dell’ONU e della comunità internazionale. Inoltre, sostenendo il governo della Repubblica Islamica dell’Afghanistan in esilio, la sua costituzione e le sue rappresentanze diplomatiche riconosciute all’estero (in particolare salvaguardando il seggio permanente della Repubblica Islamica all’ONU, il braccio militare della Repubblica – il Fronte di resistenza nazionale – e il braccio di costruzione del consenso – l’Alto consiglio della resistenza nazionale – si potrebbero esercitare pressioni sui Talebani affinché riprendano i negoziati di pace là dove si sono interrotti per formare un governo inclusivo.
Perché il governo talebano è da considerarsi illegittimo
Vorrei ora soffermarmi sulle ragioni del perché il governo talebano vada considerato illegittimo utilizzando i seguenti criteri del diritto internazionali:
- L’art. 2 par. 4 della Carta delle Nazioni Unite proibisce la minaccia o l’uso della forza sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite. Seguendo una prassi consolidata, l’ONU e la comunità internazionale, con notevole determinazione, hanno rifiutato di riconoscere un governo creato attraverso l’uso illegale della forza e/o sostenuto direttamente o indirettamente da un occupante belligerante. In queste circostanze, un governo rappresentativo esistente costretto a fuggire dal Paese è protetto dal diritto internazionale contro l’invasione illegale, l’intervento e/o la forza. Esistono dunque forti motivazioni a considerare un governo forzato ad abbandonare il territorio del proprio Stato rappresentativo di quello Stato e del suo popolo. Questo riconoscimento resta valido solitamente fino al momento in cui il popolo stesso può di nuovo decidere liberamente sul suo futuro governo. Pertanto, la comunità internazionale, in considerazione di queste motivazioni giuridiche, continua a riconoscere l’ultimo governo in carica.
- Un governo che senza accordi vincolanti diventa dipendente da altri Stati dal punto di vista politico, finanziario, logistico, militare e di intelligence, non ha indipendenza giuridica ed è considerato illegittimo.
- Non si può stabilire un governo attraverso una semplice proclamazione da parte di chi ha preso il potere con la forza e ha violato la costituzione vigente di un governo eletto. Un governo legittimo deve avere una costituzione ratificata, istituzioni funzionanti all’interno del proprio territorio, missioni diplomaticamente riconosciute all’estero per la fornitura di servizi, e, cosa più importante, possedere sovranità e indipendenza.
- Un governo in contrasto con le legittime tradizioni e valori della popolazione del paese, che cerca di cancellare un sistema giuridico esistente e funzionante che ha retto e guidato gli affari pubblici e privati della sua popolazione sulla base dello Stato di diritto e del giusto procedimento giuridico è considerato illegittimo.
- Un governo privo di un carattere rappresentativo sostanziale, sia formale che di fatto, non può essere riconosciuto come governo legittimo di uno Stato, specialmente se ha strappato il potere con la forza a un governo rappresentativo eletto dello Stato.
- Un governo che non ha rispetto per i diritti umani, in particolare per i diritti delle minoranze e per i diritti delle donne, e che si rende colpevole di massicce violazioni dei diritti umani o addirittura di genocidio del suo stesso popolo, perde il suo diritto di rappresentare il popolo e in quanto governo, pur avendo il controllo del territorio, è considerato illegittimo.
- Un governo che non rispetta il principio di uguaglianza razziale e di non discriminazione, la cui composizione vede prevalere un’unica etnia (il 93% dei suoi membri è pashtun) o un unico credo (il 98% è sunnita) o un unico genere (il 100% sono maschi) viola i diritti di autodeterminazione.
- Un governo in cui la maggior parte delle figure di spicco sono riconosciute come terroristi e/o affiliate a organizzazioni terroristiche (il 78 per cento è nella lista delle sanzioni ONU o nella lista nera degli Stati Uniti) e riceve sostegno diretto o indiretto da Stati sponsor dal terrorismo, pone una sfida enorme al controterrorismo, e quindi è considerato illegittimo dalla comunità internazionale.
- Un governo che non può fornire servizi di base alla sua popolazione e non è nemmeno impegnato ad affrontare le sfide più importanti, non possiede legittimità nel suo operato.
L’Afghanistan e le trasformazioni del sistema internazionale del XXI secolo
In quest’ultima parte della mia relazione vorrei avvalermi delle teorie della scuola (macro)strutturalista della scienza politica per fornire una mia analisi della trasformazione del sistema internazionale nel ventunesimo secolo.
Il sistema internazionale del XXI secolo, che è composto da strutture come Stati, attori non statali, organizzazioni internazionali, multinazionali e ONG, è cambiato contestualmente e normativamente con gli attacchi dell’11 settembre, in risposta ai quali gli Stati Uniti dichiararono la “guerra al terrore”. Tuttavia, dopo la firma dell’accordo di Doha e la presa del potere da parte dei Talebani, che hanno reso inevitabile un dialogo con i Talebani, la Guerra al Terrore si è trasformata in un Dialogo con il Terrore, cioè un dialogo con gli strumenti del terrore, vale a dire con i Talebani, passati da attori non statali a uno pseudo-Stato responsabile del territorio dell’Afghanistan. Poiché con i Talebani è inevitabile un dialogo, che alla fine potrebbe portare a una loro legittimazione e riconoscimento, ciò incoraggerà altre organizzazioni terroristiche in Nord Africa e altrove a rovesciare altri governi rappresentativi e costituzionali eletti. Per esempio di recente Tahrik-e Taliban Pakistan (i Talebani pakistani) hanno chiesto al governo pakistano di permettere loro di aprire ufficialmente una propria sede e hanno chiesto che il regime pakistano diventi un vero stato islamico sul modello dell’Emirato islamico dell’Afghanistan.
Svalutando il carattere vincolante dello Status of Force Agreement (SOFA), cioè di un accordo tra un Paese ospitante e una nazione straniera che staziona la forza militare in quel paese (gli Stati Uniti hanno firmato un accordo strategico bilaterale con la Repubblica Islamica dell’Afghanistan, così come la NATO, l’UE e altri paesi), l’utilità del SOFA diventa discutibile. In altre parole, sostituendo gli accordi vincolanti con un accordo condizionale (l’Accordo di Doha) firmato con un’organizzazione terroristica, si stabilisce un nuovo precedente per il sistema internazionale del XXI secolo, in cui gli accordi vincolanti, le convenzioni legali, gli accordi internazionali e i trattati potrebbero essere unilateralmente resi nulli da una potenza egemonica e da altre potenze statuali, alleanze e organizzazioni internazionali.
Un altro elemento che trasformerà il sistema internazionale del XXI secolo ha a che vedere con la questione del controllo effettivo del territorio di un Paese da parte di un governo che è gestito da organizzazioni terroristiche come i Talebani, che non credono nelle istituzioni. Anche se i Talebani, sulla base della Convenzione di Montevideo del 1933 sui diritti e doveri degli Stati, sostengono che, avendo soddisfatto tutti i requisiti di uno Stato – hanno cioè : 1) una popolazione permanente; 2) un territorio definito; 3) un governo capace di mantenere il controllo effettivo del territorio; e 4) la capacità di intrattenere rapporti con altri Stati – dovrebbero per questo essere diplomaticamente riconosciuti, detenere un controllo effettivo senza istituzioni legittime diventa discutibile. I Talebani non rappresentano uno Stato, una nazione, né un governo a causa delle loro strutture tradizionali, non istituzionali, faziose e localiste.
Il sistema internazionale del XXI secolo sarà testimone di aspirazioni espansionistiche passatiste, storiche, religiose, confessionali ed estremiste e di rivendicazioni territoriali da parte di attori non statali e statali con denominazioni come Califfato, Emirato, Ottomano, Persiano ecc. Ciò cambierà le dinamiche regionali del potere e della geografia politica.
In questo secolo, il ruolo e l’utilità di organizzazioni internazionali come l’ONU sarà sempre più annacquato dalle decisioni della potenza egemonica e di altre potenze emergenti nel mondo. La firma dell’Accordo di Doha, seguita dalla risoluzione 2513 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dal sigillo di approvazione della NATO e dell’UE è indicativa del fatto che l’ONU, la NATO e l’UE devono cambiare passo e assicurare che l’equilibrio di potere nel sistema internazionale venga preservato. In caso contrario, l’utilità e la credibilità delle organizzazioni internazionali si deteriorerà ulteriormente. Inoltre, in seguito all’annuncio del ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’Afghanistan, in cui i membri della NATO e dell’UE non sono stati consultati preventivamente, e della firma del patto AUKUS, si diffonderà l’adozione di un approccio di bandwagoning, in cui i membri più deboli delle alleanze e delle unioni regionali statuali diventano necessari per coalizzare visioni e risorse per affrontare la potenza egemonica e per evitare lo squilibrio di potere nel sistema internazionale.
Il sistema internazionale del XXI secolo ha subìto un altro colpo da parte degli Stati che una volta sostenevano ideali e valori come la democrazia, i diritti umani, lo stato di diritto, il costituzionalismo e il sistema di libero mercato, e che ora hanno abbandonato quelle nazioni e quegli Stati che hanno seguito le loro politiche di nation-building e state-building, di liberalizzazione e democratizzazione, come è accaduto in Afghanistan. La loro puerile motivazione riduzionista è stata quella di essersi impegnati in Afghanistan solo per sconfiggere Al Qaeda e uccidere il suo leader! Senza dubbio, questo abbandono opportunistico e questo tipo di riduzionismo scoraggerà altre nazioni e movimenti democratici, specialmente i paesi del Grande Medio Oriente e del Nord Africa (BMENA), a fidarsi delle richieste di liberalizzazione e democratizzazione da parte della potenza egemonica e di altre potenze statuali, organizzazioni internazionali e alleanze nel mondo.
Poiché la potenza egemonica e alcune altre potenze nazionali si stanno riallineando per riorientare i loro sforzi strategici verso altre parti del mondo, il ruolo delle multinazionali e delle istituzioni non governative per conto di questi Stati diventerà molto più importante nelle parti abbandonate del mondo come l’Afghanistan per affrontare Stati come la Cina, la Russia, il Pakistan, gli Emirati Arabi Uniti ecc. impegnati a perseguire le loro aspirazioni strategiche, tra cui lo sfruttamento delle risorse idriche e minerarie, progetti di connettività regionale e via dicendo.
Un’altra grande trasformazione iniziata nei primi anni di questo secolo e destinata a proseguire è il ruolo di alleanze e organizzazioni regionali come Shanghai, SARCC, ECO, APEC, ASEAN, CAREC ecc. Molte potenze regionali le ritengono valide alternative per stabilire un equilibrio di potere rispetto al ruolo della NATO e dell’UE. Sotto l’ombrello di queste alleanze e organizzazioni, la Russia, la Cina, l’India, l’Iran, i paesi dell’Asia centrale e alcuni altri tradizionali vicini dell’Afghanistan diventeranno le principali potenze destinate a confrontarsi con gli interessi degli Stati Uniti, dell’UE e di altri paesi occidentali in Afghanistan e nella regione.
Una delle trasformazioni più minacciose del XXI secolo si verificherà nell’ambito della guerra convenzionale e ha a che fare con il fatto che ora che l’insurrezione talebana si è trasformata in un governo, con la creazione delle Brigate Militari del Martirio, gli attentati suicidi e altre tattiche di guerriglia terroristica diventeranno istituzionalizzate come metodo praticabile di combattimento contro tutti i nemici interni ed esterni. La tattica degli attentati suicidi sarà impiegata da sempre più forze di difesa e sicurezza di regimi totalitari nella regione.
Conclusioni
In conclusione, vorrei cogliere l’occasione di dire a tutti i nostri alleati, specialmente agli Stati Uniti, che la più lunga guerra dell’America non è finita, perché la seconda e più complessa fase di questa guerra al terrorismo è appena iniziata. Gli Stati Uniti e i suoi alleati possono aver abbandonato l’Afghanistan e l’intera sua popolazione, ma purtroppo il terrorismo transnazionale non li abbandonerà. Pertanto, dobbiamo essere pienamente preparati ad avere un piano fattibile di dialogo con i Talebani basato sui nostri termini e condizioni, per evitare il verificarsi dello scenario più probabile – il collasso e la guerra civile – in Afghanistan, nonché per affrontare le sfide attuali e future del XXI secolo, in particolare per quanto riguarda il terrore, il terrorismo e le organizzazioni terroristiche, utilizzando lo smart power e il bandwagoning per evitare lo squilibrio di potere da parte della potenza egemonica e di altre potenze statuali nel mondo.
Il testo originale in inglese è disponibile sul sito della Missione diplomatica dell’Afghanistan in Italia.
Il congelamento dei fondi è un crimine contro l’umanità, tali fondi devono essere destinati all’economia e allo sviluppo della nazione.
E’ chiaro che i fondi appartengono al popolo afgano, eventuale peggioramento della condizione di vita come povertà, bancarotta e carestia determinerà il ritorno del terrorismo nel mondo. Un gravissimo errore dover concentrarsi alle solite ideologie di parte.
Solo gli Stati Uniti e l’UE stanno solo peggiorando se stessi, i Talebani non sono terroristi ma sono semplicemente patrioti. Hanno le loro tradizioni, vogliono costruire un futuro a tutte le popolazioni. Le notizie a carico dei Talebani sono palesemente diffamatori. Come in Iraq. Come i giornalisti che invocano la libertà di stampa per poi scrivere menzogne a non finire.