Guardare al futuro rivedendo il passato: la vecchia abitudine – ancora produttiva – del ricercatore sociale. Specie quando si possono solo rilevare tendenze, accenni, dettagli del mutamento, ma non si è certi di riuscire a prevedere la direzione, come capita la maggior parte delle volte. Così, anche la questione delle migrazioni come si pone attualmente può essere forse meglio compresa e descritta – e se ne possono immaginare gli sviluppi – se si mettono a confronto i fenomeni che osserviamo oggi con quelli relativi alla stessa sfera che si sono verificati nel passato.
In questo senso, credo che convenga riarticolare il tema, passando ad un livello di discussione più generale: piuttosto che ragionare sugli sviluppi attuali delle migrazioni, guardare all’intera dinamica dei rapporti fra Occidente – quello degli individui e delle società nate con la Modernità – e i popoli delle altre aree del pianeta, almeno da qualche secolo a questa parte. Almeno dall’affermarsi del colonialismo come via maestra della diffusione del capitalismo nel mondo – e dell’immaginario della nostra epoca come una delle forme di rappresentazione di questo primato.
Dell’immaginario scegliamo un settore, quello che forse meglio dichiara e nasconde le pulsioni profonde che si agitano dentro di noi: l’immaginario narrativo, in particolare quello cinematografico. In questo tentativo farò riferimento in particolare alle riflessioni sugli ultimi approdi degli studi post-coloniali condotti da Gaia Giuliani, ricercatrice bolognese proveniente dall’area di questi studi e dalle ricerche di gender, in Zombie, alieni, mutanti. Le paure dall’11 settembre a oggi (Giuliani, 2015).
Altra questione che in questi anni si è intrecciata con la prima: il dibattito sul postumano. Che senso diamo al termine? E che relazione c’è fra le paure di “invasione” dal resto del mondo e ciò che intendiamo per “postumano”? Anche su questo i punti di vista sono variegati, non coincidono, propongono diverse derive concettuali e analitiche. Sicuramente uno dei testi che hanno stimolato di più la discussione è Il postumano della filosofa Rosi Braidotti (2014). La ricercatrice utilizza il termine per indicare – in pratica – quelle che fino a pochi anni fa venivano individuate come “minoranze” (etniche, culturali, sessuali) e ipotizza che saranno queste categorie sociali, culturali, etniche, a incarnare il passaggio dalla nozione di “umano” così come definita dalla Modernità occidentale ad una definizione più ampia, articolata, non imperniata su un qualsiasi “centrismo”.