Il celebre aforisma “Panta rei”, manifesto della filosofia del divenire, attribuito al filosofo greco Eraclito e tradotto come “Tutto scorre”, pone in evidenza una grande verità: tutto cambia, tutto si trasforma, ogni istante non è mai uguale all’altro, ogni tempo, ogni epoca, è caratterizzata da specificità che non appartengono a nessun altro momento. Le variabili intervenienti nel mutamento sociale sono diverse e sono state oggetto di studio di svariati autori. Sono numerosi gli intellettuali che considerano il mutamento sociale come la risultante di trasformazioni diverse, che avvengono negli ambiti più disparati e che concorrono tutte, indistintamente, al passaggio da un certo tipo di società ad un’altra.
Capostipite di questo approccio, definito “olistico”, è Max Weber, secondo il quale non esistono singole cause per singoli fenomeni, ma una combinazione di forze. L’approccio weberiano si contrappone ad un diverso modo di fare ricerca, messo a punto da altri intellettuali che, invece, ritengono che alcune variabili abbiano, rispetto ad altre, una rilevanza tale da costituire da sole la causa del cambiamento. Non è difficile portare alla mente Marx che, attraverso il materialismo storico, sottolinea come dal suo punto di vista le forze motrici della storia siano di natura economica, per cui è l’economia la vera “struttura” da cui poi discende tutto il resto, e quindi è soltanto il variare dell’economia che porta alla formazione di un nuovo assetto societario.
Nella seconda metà del XX secolo prende piede una teoria nota ai più sotto il nome di “determinismo tecnologico”. Con questo termine ci si riferisce ad una filosofia che sottende che sono i media e le diverse tecnologie, non solo di comunicazione, a determinare le società e a condizionare ideologie e culture. A gettare le basi del determinismo tecnologico è l’economista Harold Innis, che nella sua opera Empire and Communications (1950) propone l’idea che la nascita dei grandi imperi nel corso della storia sia stata determinata dalla presenza o meno di prodotti materiali attraverso i quali poter trasmettere alle diverse generazioni la propria cultura. La sua tesi, che può essere considerata il manifesto del determinismo tecnologico, è che la comunicazione delle conoscenze costituisce la base di tutte le relazioni sociali, economiche e politiche. Per valutare come si manifestano questi processi comunicativi è determinante prendere in esame lo strumento attraverso il quale la comunicazione si innesta.
Partendo da quella che è stata la sua analisi, è possibile asserire che tutti i tipi di società esclusivamente orali sono stati “non significativi” da un punto di vista storico, nel senso che non hanno avuto nessun tipo di trasmissione del sapere nel tempo; le società che sono diventate, invece, “storiche” hanno avuto un qualche supporto “tecnologico” alla sfera comunicativa. Nel suo testo, Innis prosegue asserendo che i grandi imperi cominciano ad emergere contemporaneamente alla diffusione di strumenti tecnologici leggeri come il papiro.