Come esseri umani, «esistiamo in quanto operiamo nel linguaggio e conserviamo il nostro dominio di adattamento nel dominio di significati che questo crea; (…) siamo osservatori ed esistiamo in un dominio semantico creato dal nostro operare linguistico» (Maturana-Varela, 1984). Accogliendo questa tesi si afferma che l’apertura al/del mondo accade anzitutto e fondamentalmente nel linguaggio: «il linguaggio è la casa dell’essere» (Heidegger, 1947). Ci accorgiamo allora che le varie trasformazioni della parola dallo stadio orale a quello scritto, fino alla stampa e all’elettronica, hanno comportato, e continuano a comportare, mutamenti nei modi del pensiero e nell’organizzazione mentale.
Oggi, con la sempre più decisiva virtualizzazione dell’esperienza e della comunicazione umana, con una parola sempre più rivestita da un’aura elettronica, possiamo e dobbiamo chiederci se e in che modo le piattaforme di comunicazione basate su Internet costituiscono un progressivo abbandono dei principi fondanti della cultura alfabetica. La parola elettronica, logos cibernetico, pone cioè il linguaggio in una condizione di metamorfosi tale da allontanarlo dalle portanti categorie della cultura alfabetica. L’idea che qui propongo è che, come le “parole” del mythos avevano uno straordinario potere sui corpi e la comunicazione umana, allo stesso modo la parola “elettronica” ha un potere di inclusione tale da far rivivere la forza propulsiva della parola mitica, segnando un cambio di passo e una parziale ridefinizione della tradizionale cultura alfabetica.
Occorrerebbe, però, capire cosa stiamo abbandonando e dove sono, se ci sono, i segnali deboli che confermano o confutano tale migrazione verso una cultura differente. Le riflessioni di McLuhan sono la base da cui partire. McLuhan, tra i primi, ha individuato e descritto la natura ordinatrice, in sé dispotica dell’alfabeto. Secondo il suo pensiero, gli uomini “primitivi”, gli uomini tribali dell’oralità, sperimentavano un equilibrio armonioso dei sensi, percependo il mondo nella stessa misura tramite l’udito, l’odorato, il tatto, la vista e il gusto. Fu l’invenzione dell’alfabeto fonetico che scagliò l’uomo preistorico fuori dal suo equilibrio sensoriale, consegnandolo alla predominanza della vista. La scrittura prima e la stampa poi accelerarono questo processo che, traducendo in segni astratti tutta la sensorialità, traduce tutti i sensi in “senso”.
Così, nella famosa intervista a Playboy (1969), McLuhan argomenta: «L’alfabetizzazione ha spinto l’uomo fuori dalla tribù, gli ha dato un occhio in cambio di un orecchio e ha sostituito la sua profonda interazione comunitaria con valori visivi lineari e con una coscienza frammentata. In quanto intensificazione e amplificazione della funzione visiva, l’alfabeto fonetico diminuisce il ruolo dell’udito, del tatto, del gusto e dell’odorato, permeando la cultura discontinua dell’uomo tribale e trasformando la sua armonia organica e la sua complessa sinestesia nella modalità visuale uniforme e continua che consideriamo ancora oggi la norma dell’esistenza “razionale”. L’uomo integrale divenne l’uomo frammentato; l’alfabeto disperse il cerchio incantato e la magia echeggiante del mondo tribale, frantumando l’umanità in un agglomerato di unità, o “individui” specializzati e psichicamente impoveriti, funzionanti all’interno di una realtà formata da un tempo lineare e uno spazio euclideo».
L’impatto esplosivo della scrittura alfabetica sulla percezione individuale consiste soprattutto nel divorzio tra “senso” (sémiosis) e “sensi” (aesthésis), che a sua volta implica una separazione tra pensiero e azione e, di conseguenza, tra pensiero e corpo. Quello fonetico è l’unico alfabeto in cui le lettere sono semanticamente neutre, prive di struttura o di forza verbale. Il potere di isolare la facoltà visiva, che di conseguenza ha acquisito grande intensità, ha favorito la nascita della geometria euclidea e le immagini dell’individuo separato e dell’identità privata. Così isolati, gli spazi e le forme congeniali alla visione hanno acquisito quasi un carattere a sé, spesso identificato con la razionalità e la civilizzazione. Creando un ambiente fortemente frammentato, individualistico, esplicito, specializzato e distaccato, l’alfabetizzazione produce un individuo dalle intrinseche caratteristiche.